“L’offensiva di Roberto Speranza prende a pretesto alcuni episodi delle primarie e il più che prevedibile calo di affluenza, per attaccare in realtà Renzi e Orfini, vale a dire i massimi vertici del Partito. Contro Matteo Orfini si lanciano strali per la minor partecipazione ai gazebo, invece di riconoscere il coraggio con il quale egli, di fronte alla vicenda “mafia capitale” e alle responsabilità politiche di lungo periodo da essa chiamate in causa, ha condotto un’operazione di pulizia difficile e drastica, che ha tenuto fuori dai giochi le quote di voto inquinato e inquinante del 2013″. Lo affermano i senatori del Pd, appartenenti all’area ‘Rifare l’Italia’, Daniele Borioli e Giuseppina Maturani.
“Contro Renzi si replica, del tutto fuori tempo, il mantra polemico contro il “doppio incarico”. Omettendo di dire: che la coincidenza tra il ruolo di leader del partito e guida del governo è comune ai maggiori partiti del riformismo europeo; che essa è stata prevista sin dalla fondazione del Pd come un suo tratto distintivo, mai messo in discussione, neppure quando l’area chi dovrebbe pensarla come Speranza aveva una larga maggioranza a disposizione per cambiare quella disposizione statutaria. Al di là del merito della questione, che potrà essere avrà riproposta alle naturali scadenze congressuali, misurandone il grado di condivisione tra iscritti ed elettori – proseguono – sorprende che essa sia sollevata proprio ora. Quando l’obiettivo di qualunque dirigente dovrebbe essere l’unità del partito finalizzata alla vittoria elettorale, che sappiamo essere molto difficile. Al contrario, il combinato disposto tra la richiesta di un congresso straordinario, lanciata qualche giorno fa, e l’offensiva di queste ore, lascia purtroppo margine a una lettura in virtù della quale, per taluni, la sconfitta elettorale nel turno amministrativo, e il conseguente indebolimento del premier-segretario, possano costituire un esito non del tutto sgradito del passaggio elettorale di primavera. Al fine di accelerare la resa dei conti interna al Pd, costi quel che costi. Una corsa cieca – concludono i senatori democratici – dalla quale non solo ci dissociamo, ma che cercheremo in ogni modo di contrastare. Noi lavoriamo per un’altra speranza”.


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