Marcucci, capogruppo Pd a Palazzo Madama: dicono che lei è la «talpa» di Renzi nel partito democratico.

«Qualcuno si diverte a pensarlo. Io invece anche in politica sono un uomo normale, sono stato d`accordo con lui, litigo con lui».

Litiga?

«Matteo ha fatto un errore notevolissimo ad uscire dal Pd, da quel momento le nostre strade si sono inesorabilmente divise. A volte continua ad avere ragione, molte altre ad avere torto. Lei pensa che questo sia l`atteggiamento di una talpa?».

Dovrebbe chiederlo a qualche suo collega di partito.

«Le assicuro che non cambierò comportamento per il mal di pancia di qualche collega dem. Dopodiché io a Renzi contesto i modi in cui pone le questioni, che peraltro in molti casi sono anche giuste».

Si riferisce ai ripetuti «ultimatum»?

«Certo, la politica è fatta anche di toni e di attenzioni. Poi lui ha il carattere che ha, io sono fatto diversamente».

Intanto la verifica di governo sembra non avere uno sbocco.

«Bisogna evitare in tutti i modi che si apra una crisi al buio. Questo è un momento in cui il Paese non può permetterselo. Quando va a fuoco la casa, tutti devono trasformarsi in pompieri».

Il 7 gennaio la delegazione di Italia Viva farà cadere il governo?

«Mi aspetto un`azione del presidente Conte finalizzata a rinsaldare la maggioranza. Immagino ci saranno delle risposte alle istanze di Italia Viva ma anche degli altri partiti. Non si governa da soli, le decisioni devono essere collegiali, i partner di maggioranza non devono essere umiliati ma valorizzati, il contributo delle minoranze deve essere raccolto».

Come se ne esce?

«Serve un patto di legislatura ed in un nuovo clima di condivisione. Il Recovery plan è una grande occasione di rilancio. Ed io parto proprio dalle ammissioni del premier Conte, nelle bozze presentate: finora manca la politica, ha detto, cioè una visione strategica del futuro. Anche io la penso così».

Pare che Conte, in caso di emergenza, abbia già in tasca il voto dei cosiddetti «responsabili».

«Con la situazione che stiamo affrontando, economica e sanitaria, non possiamo permetterci maggioranze raccogliticce».

Sarebbe una mancanza di rispetto per gli italiani?

«Sarebbe un`azione politicamente pericolosa per il Paese».

Molti nel Pd, in caso di crisi, vorrebbero andare al voto: lei invece accetterebbe un rimpasto?

«Minacciare crisi o il ricorso ad elezioni è da irresponsabili. Poi per quanto riguarda le elezioni, lasciamo parlare la Costituzione e non sostituiamoci ai poteri esclusivi del capo dello Stato».

Renzi sembra convinto che possa nascere un governo più forte, magari senza Conte alla guida. Lei si lega a doppio filo a questo premier?

«Mi lego a doppio filo all`Italia, e vedo le condizioni per rafforzare questo governo lavorando sui programmi e se nel caso anche valutando la squadra. Se questo non sarà possibile ognuno si farà carico delle proprie responsabilità, e il presidente della Repubblica valuterà».

Ma lei sul voto ci ha già messo una pietra sopra?

«Lei se lo immagina, un Paese che rinvia le elezioni amministrative ma convoca le elezioni politiche anticipate in primavera, in piena pandemia? Ed il tutto a pochi mesi dal semestre bianco?».

Intanto non è una bella immagine, in piena pandemia, vedere Renzi e Conte che si scannano sulla gestione dei servizi segreti…

«Di cose particolari in questo anno disgraziato ne sono successe tante. Le istanze politiche in certe fasi appaiono un po` strane. Ma questo è il tempo che ci è dato vivere: non ci meravigliamo di niente ma lavoriamo per risolvere le questioni».

E sulla questione servizi non vede una deriva autoritaria?

«Deriva autoritaria? Mi sembra eccessivo. Quel che è certo è che la gestione della nostra intelligente e una funzione talmente delicata che servono soprattutto affidabilità e lealtà».

Lealtà al premier, oppure lealtà agli italiani?

«E giusto che il premier trasferisca la delega a una persona fidata. Ma, cosa più rilevante, serve lealtà nei confronti delle istituzioni e dei cittadini, i quali devono essere certi che alla guida di macchine così complesse si scelgano persone sulla base della loro competenza».

Il nuovo partito di Conte è una minaccia per il Pd, o il premier farà la fine di Mario Monti?

«Intanto ricordiamoci che nella scorsa legislatura i voti di Mario Monti hanno consentito la nascita di tre governi del Pd, quelli di Enrico Letta, di Matteo Renzi ed infine di Paolo Gentiloni».

Ma oggi?

«Oggi la situazione è molto diversa. Partiamo dal presupposto che Conte ha la libertà, come tutti gli altri attori, di fare ciò che ritiene più giusto fare. E che almeno fino ad oggi, ha negato di voler fare un suo partito. Ed io, fino a prova contraria, voglio credere alle sue parole».

Domani Conte potrebbe cambiare idea: non sarebbe la prima volta…

«Nel caso in cui facesse una sua lista, è evidente che andrebbe a pescare voti nei bacini elettorali di tutti, Pd e Mss compresi».

E dunque?

«Allora gliela metto così: io sono ancora un cultore della vocazione maggioritaria, che per me è il senso più vero del Pd. In questo caso, non creo le condizioni per farmi dettare la linea da un altro, foss`anche Giuseppe Conte».

Nel contempo si augura di riprendersi tutti gli scissionisti?

«Sono talmente “sconsiderato” da augurarmi che il Pd possa nel frattempo anche recuperare tutte le scissioni del recente passato, quelle di Bersani, di Renzi e di Calenda».

Qual è il suo giudizio sul Recovery plan? È rimasto deluso?

«Considero il Recovery qualcosa di eccezionale, così come è stata eccezionale la risposta dell`Europa che l`ha definito».

Quale dovrebbe essere la governance?

«Credo che si debba ricorrere a procedure straordinarie ma in un contesto di controlli ordinari. È il Parlamento che decide e che poi controlla. È il prezzo della “democrazia”, che non può mai andare in vacanza».

Quindi?

«Quindi il premier Conte, insieme ai ministri ed alla coalizione, pensino alla soluzione migliore, sapendo che la regia non può che essere parlamentare».

Coinvolgendo le opposizioni?

«Faccio una proposta: da gennaio all`elezione del nuovo capo dello Stato, facciamo prevalere tutti il senso di unità nazionale, che non significa zittire le opposizioni, ma avviare un dialogo costruttivo ed un confronto orientato a trovare le soluzioni migliori per l`Italia».

Non le pare che Palazzo Chigi abbia centralizzato un po` troppo le decisioni?

«Questo governo si è trovato a fronteggiare, peraltro primo in Europa, una situazione da brividi. Ci siamo dimenticati i camion di Bergamo, le terapie intensive degli ospedali, le camere mortuarie esaurite? In questo contesto, talvolta, si sono create le condizioni di poteri esorbitanti».

Ma ormai è passato un anno dallo scoppio della pandemia…

«Il punto difatti è quello di organizzare un progressivo ritorno alla normalità delle decisioni, nei luoghi deputati e con le procedure stabilite. Nel caso del Recovery, vanno bene procedure straordinarie, a patto che sia il Parlamento sovrano a determinarle».

La manovra contiene più di 20 generi di bonus. Si aspettava qualcosa in più sulla crescita e sui tagli fiscali?

«Ci sono misure che ritengo utili: l`assegno universale per i figli fino al ventunesimo anno di età, gli sgravi fino al 1oo per cento per chi assume donne, la cancellazione dei contributi per tre anni per chi assume under 35. Si è agito per aiutare chi è stato investito dalla crisi improvvisa, ora è arrivato il
tempo di pensare alle misure per uscire dall`emergenza, non per accompagnarla».

Non abbiamo ancora un vero piano peri vaccini. Nel frattempo la Germania si muove da sola e compra 3o milioni di dosi. Siamo in ritardo ancora una volta?

«Intanto è la sola Germania ad essersi mossa unilateralmente con i produttori. Poi c`è anche da ricordare che il piano funzionerà soltanto con la piena ed incondizionata collaborazione delle Regioni, che devono andare avanti tutte con Io stesso passo».

È fiducioso?

«Il commissario Domenico Arcuri ha indicato la data di settembre per raggiungere un livello di immunità di gregge. Mi sembra, da questo punto di vista, un cronoprogramma serio. La politica non deve scommettere sul disastro».

Favorevole all`obbligatorietà del vaccino?

«Penso che nel messaggio di fine anno il presidente Sergio Mattarella abbia risolto il nodo. Nessuno pensa all`obbligo, se non come estrema ratio, ma ad un forte dovere morale».

Non dovrebbe essere il parlamento, con una legge, a decidere su questo tema?

«Mi pare che il “mercato” stia già individuando le vie d`uscita, che non contemplano nessun obbligo. Mi riferisco ad esempio ai provvedimenti che potrebbero prendere a breve le compagnie aeree. Vuoi volare? Vuoi andare a New York, a Madrid, a Londra, a Parigi? Prima dimostrami che hai fatto il vaccino e che non puoi infettare gli altri. E la stessa cosa potrebbe essere richiesta da hotel, ristoranti, centri commerciali».


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