Da dietro la spessa porta di noce del suo studio in Senato, la voce di Luigi Zanda al telefono risuona fino in anticamera. Il governo è appena andato sotto in commissione Affari costituzionali e lui, capogruppo del Partito democratico, è fuori di sé. Poi apre la porta, rosso in viso, ma dissimula la collera senza sforzo apparente e passa ad altro.
Presidente, con i voti del Pd il Senato ha appena varato una commissione d`inchiesta sulle banche. Se ne sentiva il bisogno, in piena stagione elettorale?
«Mi auguro che riesca a operare senza faziosità né intenti politici. Certo il rischio che invece succeda esattamente questo è evidente perché entriamo in una fase turbolenta con quattro campagne elettorali una dopo l`altra: primarie del Pd, Amministrative, le Regionali in Sicilia e le Politiche».
Lei però ha votato per la commissione d`inchiesta.
«L`ho fatto, anche se personalmente ho delle riserve. Ma se devo scegliere fra le mie idee e la mia responsabilità di presidente del gruppo, che deve garantirne l`unità e la stabilità, scelgo la seconda».
Si avvicina la manovrina e il Documento di economia e finanza. E a sentire certe voci nel Pd, sembra che Pier Carlo Padoan sia il ministro dell`Economiadello schieramento opposto.
«Padoan indica obiettivi generali che credo nessuno possa disconoscere. La prima necessità è di evitare sanzioni europee, senza dimenticare che abbiamo spazi di manovra estremamente ridotti e certe necessità di spesa pubblica. Tutti condividiamo l`obiettivo di sostenere una ripresa che non si sarebbe, senza l`azione del governo di Matteo Renzi».
Ma Padoan, come tecnico, deve dare obiettivi?
«Non ho mai usato l`espressione `ministro tecnico`»
È sbagliata?
«Semplicemente penso che quando si è eletti in Parlamento o si giura come membri del governo, quale che sia la nostra professione di origine, da quel momento si diventa personalità politiche».
Dunque Padoan ha una sua legittimità politica, senza che il Pd gliela debba conferire ogni volta?
«Nessun partito gliela deve dare. Dato che Padoan è un ministro e lo è da vari anni, ha la legittimità politica. Io sono entrano in Senato a 59 anni dopo aver fatto vari mestieri, ma da qual momento mi sono considerato un politico. Le misure concrete che proporranno Padoan e il governo le discuteremo quando ci saranno. Ora abbiamo davanti a noi la manovra correttiva, il Def e la prossima legge di Stabilità».
Per fare tutto, la legislatura deve arrivare a scadenza. Non sarebbe più semplice se Renzi e e tutti i leader del Pd riconoscessero esplicitamente questo obiettivo?
«Non sono un esegeta delle parole dei leader. C`è stata una fase in cui alcuni, anche con argomenti seri, volevano votare presto. Ora mi pare sia passata, vedo una vasta condivisione dell`ipotesi di elezioni a scadenza naturale. Ma per arrivarci ci vogliono le condizioni politiche, dobbiamo evitare incidenti parlamentari. Fatti come il voto di oggi (ieri, ndr) in commissione Affari costituzionali non aiutano».
Com`è potuto accadere, in voto segreto?
«Invece di essere un voto di coscienza, il voto segreto diventa sempre più un voto di manovra politica. In questo caso i senatori di gruppi avversari come M5S e Forza Italia, che in Aula e a voto palese litigano e si insultano, a voto segreto vanno nella stessa direzione. E una degenerazione del voto segreto».
La balcanizzazione in Parlamento continua, siamo a dieci gruppi. Dopo elezioni con il proporzionale, vede maggioranze possibili o una paralisi alla spagnola?
«Non è solo la legge elettorale che fa la stabilità di un Paese. Conta la proposta politica, la sua capacità di convincere il Paese. Ma se mi chiede se mi preoccupa lo scivolamento verso un sistema proporzionale puro, sì: mi preoccupa eccome. Il Mattarellum era riuscito in qualche modo a conciliare stabilità politica e rappresentatività. Ora la frammentazione del parlamento rende complica molto qualsiasi dibattito sulla legge elettorale».
In Europa c`è chi pensa che in Italia non ci sia più una proposta politica non conflittuale con l`Unione Europea. Che effetto le fa?
«Intanto io sono capogruppo del partito di maggioranza relativa e, non solo ma in ampia compagnia, sono fortemente europeista. In varie parti d`Europa certe posizioni dialettiche del governo Renzi sono state apprezzate: quella sulla flessibilità di bilancio, o quella sulle migrazioni. È stato Renzi a porre la questione della difesa della frontiera esterna di un continente senza più frontiere interne. E gli è stata data ragione».
Alle primarie del 30 aprile lei Renzi lo vota?
«Lo voto, sì. Per molte ragioni, ma una supera le altre: penso che l`Italia pubblica e delle istituzioni abbia uno straordinario bisogno di stabilità. Anche nei partiti, oltre che nel governo o in Parlamento. La stabilità vale più di qualche punto di Pil. E le cancellerie internazionali considerano affidabile un Paese a seconda se è più o meno stabile».


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