Durante un discorso tenuto a Indianapolis ne11959 allo United Negro College Fund sul bisogno degli Stati Uniti di difendersi dal rischio sovietico, con il superamento della segregazione razziale e cogliendo le sfide che vengono dallo Spazio e dall`energia atomica, J. F. Kennedy spiegò che «nella lingua cinese, la parola crisi. è composta da due ideogrammi, uno rappresenta il pericolo e l`altre l`opportunità».
In molti hanno poi precisato che il lemma cinese wéìji non incarna esattamente questi due concetti, ma l`oratore è così autorevole che non ci si può esimere dal fascino retorico: se le difficoltà industriali del nostro Paese diventassero opportunità di innovazione e conquista di nuovi settori dì mercato, cì ritroveremmo nuovamente nell`Italia di Olivetti, di Natta e degli altri giganti dell`impresa nazionale. E pur non avendo il boom economico del dopoguerra alle spalle, restano grandi potenzialità aperte: la green econorny, la manifattura additiva delle stampanti 3D, il mondo della rete e altro. Per ritrovare nel DNA dell`industria italiana qualche retaggio della dote un tempo innata, di trasformare le criticità in innovazione e sviluppo, servono nuove idee e politiche industriali capaci di individuare questi talenti e metterli nelle condizioni di guidare il Paese verso la crescita economica. C`è rimasta nel sangue questa eredità? Penso di sì. Ma le scelte pubbliche e private sono ancora timide.
Un esempio paradigmatico vienedalla mia città: le acciaierie Thyssen-krupp di Terni, venute spesso alla ribalta del dibattito pubblico per pesanti riorganizzazioni decise dal management di turno, oggi meriterebbero nuovamente l`interesse nazionale per la concreta ed innovativa possibilità di smaltire le scorie prodotte dalla lavorazione dell`acciaio inox. Come molti altri rifiuti industriali, sono infinitamente pericolose ed inquinanti e rappresentano – a livello mondiale – una sfida primaria per la ecosostenibilità delle produzioni manifatturiere. Quelle di AST sono stoccate da130 anni in una discarica, ora però c`è un brevetto, nato dall`investimento di una cordata di aziende italiane attraverso la collaborazione con un consorzio interuniversitario pubblico e un protocollo d`intesa con TK-AST, capace di inertizzare i residui pericolosi della lavorazione dell`inox, rendendoli sabbia per costruzioni edili. Il brevetto, quindi, è potenzialmente in grado di rivoluzionare la storia di una filiera produttiva gravemente impattante sull`ambiente, oltre che favorire una start up industriale dì prim`ordine.
E che fa un Paese affamato di futuro, che scopre di poter trasformare il problema delle scorie in una chance imprenditoriale? Per, ora niente. Anzi TK-AST si smentisce pur essendo la promotrice del progetto e una certa politica invece di difendere un interesse pubblico, qual è la tutela dell`ambiente, appare subalterna alle scelte private. E noi siamo qui, con l`ennesimo brevetto inutilizzato che la Germania si sogna. E se ce l`avesse, altro che Volkswagen…

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