Come Ulisse con Itaca. «Dopo tanti anni e molteplici tentativi falliti, vediamo la terra in fondo all`orizzonte», azzarda Giorgio Tonini del Pd.
Onorevole, il traguardo è a un passo?
«Vicino, anche se come sempre quando ci si avvicina all`obiettivo si scatenano le forze del no al cambiamento».
In molti criticano la scelta di trasformare il Senato in assemblea non elettiva…
 «Rispondo che in Europa sono di gran lunga prevalenti i sistemi con un`unica camera elettiva. Vuoi nella forma del bicameralismo, vuoi in quella del bicameralismo i cui membri non sono eletti o eletti dí secondo grado. Il punto è adeguare l`Italia al modello prevalente nel contesto europeo. E poi mi permetto io dí sollevare un`obiezione».
Quale?
«A cosa serve un terzo corpo di eletti, oltre a quelli della Camera e delle regioni? Se anche i componenti del nuovo Senato fossero eletti si tornerebbe al bicameralismo. Definire sindaci, presidenti e consiglieri regionali dei nominati è una sciocchezza: sono più eletti loro degli attuali senatori».
Poi c`è il tema delle funzioni del nuovo Senato…
«Il punto è stabilire i compiti che questa seconda camera sarà chiamata ad adempiere. Ferme restando le attuali compete`nze in tema di leggi costituzionali, deve servire da organo di raccordo tra le funzioni legislative della Camera nazionale e delle Regioni».
C`è chi grida alla deriva autoritaria per il combinato disposto della riforma del Senato e dell`Italicum. Cosa risponde?
«Ribadito che l`attuale versione dell`Italicum può essere migliorata, per esempio innalzando al 40% la soglia per il premio di maggioranza e abbassando al 4-5% lo sbarramento per í singoli partiti, si tratta di un sistema comunque all`interno del perimetro disegnato dalla Consulta. E in ogni caso la legge elettorale della Camera non c`entra nulla con la riforma del Senato».
Altra obiezione: si allentano i contrappesi in un sistema troppo sbilanciato a favore del governo…
«È un pericolo che non vedo. Per l`elezione del Csm e della Corte Costituzionale le soglie impediscono a chiunque di controllarla. E sul Presidente della Repubblica resta la vera norma di garanzia che è quella del voto segreto. Si potrebbe pensare, inoltre, di allargare la platea degli elettori agli eurodeputati».

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