Al direttore – L`immagine è abusata, ma
non ce n`è una migliore. L`Europa è in mezzo
al guado, sta correndo pericoli seri e solo
uno sforzo comune, innanzi tutto di Germania
e Italia, di Angela Merkel e di Matteo
Renzi, può portarla in sicurezza sull`altra
riva. In mezzo al guado non si può restare
a lungo. Perché in quel punto il fiume
è più profondo e la corrente è più forte. Si
beve, si può essere trascinati via, si rischia
di annegare. Dunque, bisogna fare presto e
decidersi ad avanzare fino a raggiungere la
riva, indicando a chi segue il punto preciso
al quale si pensa di approdare. In caso
contrario, la paura di annegare e la voglia
di tornare indietro rischiano di diventare
invincibili. I ventotto paesi membri dell`Unione
europea – e in particolare i diciannove
dell`Unione monetaria – sono nel pieno
di una transizione, che si va facendo insostenibile,
tra un ‘non più’ e un ‘non ancora’.
Sul piano geopolitico, le nazioni europee
non sono più grandi potenze, non lo sono
più nemmeno Gran Bretagna e Francia,
nonostante il loro diritto di veto all`Onu e
lo status di potenza nucleare, come dimostra
la loro sostanziale irrilevanza rispetto
a qualunque dossier di politica internazionale,
dalla Russia alla Libia, con crisi migratoria
al seguito; d`altra parte, l`Europa
non è ancora una grande potenza e rischia
di non esserlo a lungo, se solo si considera
la frustrante lentezza con la quale procede,
se procede, la costruzione di una politica di
sicurezza e difesa comuni.

Sul piano economico, il vuoto è ancora
più imbarazzante: i diciannove cavalieri
dell`euro non hanno più la sovranità sulla
loro moneta, ma nessuno ancora ha rilevato
la sovranità sull`euro; col risultato che la
devoluzione della sovranità monetaria si è

tradotta in una relativa stabilità, ma del tutto
privata della crescita. Anche gli Stati
Uniti hanno il loro ‘fiscal compact’ e se gli
stati si indebitano in modo insostenibile
vanno in default e nessuno si sogna, in quel
caso, di sottoporre a referendum la richiesta
che siano gli altri stati a far fronte ai debiti
e magari se si debba o no uscire dal dollaro.
Ma gli Stati Uniti hanno la Fed come
prestatore di ultima istanza e soprattutto il
Tesoro, che emette titoli di debito pubblico
grazie ai quali finanzia giganteschi programmi
di investimenti pubblici, in particolare
nelle tecnologie duali, al confine tra
militare e civile. Dunque, gli stati possono
fallire, ma è Washington il motore della crescita
americana. In Europa, grazie alla determinazione
di Mario Draghi e alle politiche
convergenti della Germania e dell`Italia
che glielo hanno consentito, abbiamo, finalmente,
una Banca centrale, quasi come
la Fed. Ma il piano Juncker è ancora lontano
anni luce dalla forza d`urto del Tesoro
americano. Risultato: in Europa, i governi
statali dovrebbero riuscire ad eccellere
nell`arte impossibile di succhiare e fischiare
al tempo stesso, abbattere deficit e debito
per non fallire e sostenere massicci programmi
di investimenti per la crescita. Impossibile,
appunto. Quindi, niente più indebitamento
keynesiano da parte degli stati
nazionali, ma non ancora indebitamento
keynesiano federale europeo. Col risultato
che i popoli soffrono, non capiscono e cominciano
a rimpiangere la riva vecchia, a
premere perché si torni indietro.

Sul piano democratico, peraltro, gli stati
nazionali non dispongono ormai più della
sovranità che li aveva resi tali, avendone
ceduto una quota cospicua, in particolare
i membri dell`Eurogruppo, all`Unione

europea; ma una sovranita europea non
esiste ancora e tanto meno esiste un governo
europeo legittimato sul piano democratico,
se non per quell`embrione di investitura
rappresentato dalla competizione tra
Juncker e Schultz alle ultime elezioni europee.
Il risultato è che la democrazia in Europa
sta perdendo l`oggetto della sua cura:
se la democrazia deve legittimare, attraverso
il voto popolare, il potere reale, si può
dire che oggi in Europa non basta più la legittimazione
democratica dei governi statali,
perché questi hanno perso una parte significativa
della loro sovranità, ma non si
vede ancora una sovranità federale e dunque,
tanto meno, una sua democratica legittimazione.

Dinanzi alle tre crisi europee, geopolitica,
economica e democratica, serve una
mossa del cavallo, da parte dei due leader
europeisti ancora legittimati a proporla e a
farla, prima che la corrente del fiume travolga
anche loro. Propongano all`Eurogruppo
di trasformarsi in una vera federazione
politica, dotata di un vero governo federale
legittimato in modo diretto dal voto dei
cittadini; e dotato di entrambe le braccia
che resero ‘big’ il ‘government’ Usa, all`indomani
della grande depressione: la capacità
fiscale, a cominciare dalla possibilità
di emettere ‘project bond’, titoli di debito
a sostegno di un grande programma di
investimenti, e la difesa comune, un moderno
strumento militare che faccia dell`Europa
davvero la seconda gamba della Nato. Il
tempo dei piccoli passi è finito. Solo riproponendo
una visione ambiziosa gli europeisti
potranno sconfiggere quell`idra eurofobica
dalle tante teste, che sta dipingendo di
nero il futuro del vecchio continente.


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