Così si apre la strada al presidenzialismo
I «vietcong» della minoranza mettono a rischio la tenuta
del sistema parlamentare. Per Giorgio Tonini, vicepresidente
del gruppo pd, la posta in gioco non è l`articolo 2 della
riforma del Senato, ma il modello di democrazia.
Chi ha innescato lo scontro sul «Vietnam» al Senato?
«Lasciamo perdere il colore giornalistico. C`è una minoranza
che sistematicamente dice o si fa come dico io o non voto».
Scatteranno sanzioni?
«Io non invoco provvedimenti
disciplinari, ma un confronto politico serrato su quale
modello di democrazia abbiamo in testa. Trovo del tutto infondato
il presupposto che la minoranza utilizza per riaprire
la discussione e cioè che ci sarebbe una torsione autoritaria
del sistema dovuta all`intreccio tra Italicum e Senato».
Il teorema Bersani?
«Non esiste, restiamo pienamente all`interno del sistema
parlamentare. Il leader che vince potrà contare su una maggioranza
di 340 deputati su 630, quindi basteranno 25
vietcong per mettere in discussione il governo».
Vietcong?
«Sì, 25 vietcong disposti a fare quello che vogliono mettendo
a rischio la stabilità ci saranno sempre. Chi mette in discussione
in modo sistematico il principio di disciplina del gruppo mina alle fondamenta
la credibilità del sistema e apre la strada al presidenzialismo».
L`Italicum non funziona?
«Noi abbiamo ideato un sistema
che fa uscire un vincitore certo, il quale però avrà sempre
bisogno della fiducia della Camera e quindi della tenuta
del suo gruppo. In tutta Europa i sistemi parlamentari poggiano
sulla disciplina di partito, senza la quale non c`è legge che
tenga. Questa è la radicalità del problema, non certo il modo in
cui si eleggono i senatori».
Lei pensa che la Costituzione
sia solo un pretesto per scatenare l`arma finale contro Renzi?
«A me sembra proprio di sì, un pretesto autolesionistico. Se
la Merkel, Cameron o Rajoy non potessero contare sui loro
deputati non avremmo stabilità in quei Paesi, invece quei governi
durano anni perché nessuno li mette in discussione».
Mentre i «vietcong» come Gotor e Chiti…
«Io con questi amici e compagni non voglio discutere di
sanzioni, ma di politica. Un sistema dove una minoranza dice
‘o si fa così o non voto’ non esiste sulla faccia della Terra e,
sulla strada della lotta interna, è inevitabile che si finisca fuori
dal sistema parlamentare».
Uno scenario da Armageddon…
Ma la minaccia del voto non è un`arma spuntata?
«La mia riflessione è più radicale. Qui non è in discussione
un governo, ma la forma di governo parlamentare. Dopo
Renzi ci potrà essere un altro esecutivo, se teniamo forte e
fermo il governo. Se invece lo uccidiamo, usciamo dal sistema
parlamentare».
Gli emendamenti della sinistra
hanno questo potere?
«L`idea di buttare giù l`articolo
2 è inaccettabile. Sarebbe tragicamente colpevole allontanare
l`approdo di una riforma sognata per decenni. Se vogliamo
discutere di dettagli siamo pronti, ma l`impianto deve restare
quello deciso all`unisono da Camera e Senato».
Renzi cadrà per mano giudiziaria, prevede D`Alema.
«No, io non lo penso. Il Pd ha sempre sostenuto l`autonomia
e l`indipendenza della magistratura e non cambia idea. Noi
abbiamo bocciato la richiesta di una Procura, non dichiarato
guerra alle Procure».
del sistema parlamentare. Per Giorgio Tonini, vicepresidente
del gruppo pd, la posta in gioco non è l`articolo 2 della
riforma del Senato, ma il modello di democrazia.
Chi ha innescato lo scontro sul «Vietnam» al Senato?
«Lasciamo perdere il colore giornalistico. C`è una minoranza
che sistematicamente dice o si fa come dico io o non voto».
Scatteranno sanzioni?
«Io non invoco provvedimenti
disciplinari, ma un confronto politico serrato su quale
modello di democrazia abbiamo in testa. Trovo del tutto infondato
il presupposto che la minoranza utilizza per riaprire
la discussione e cioè che ci sarebbe una torsione autoritaria
del sistema dovuta all`intreccio tra Italicum e Senato».
Il teorema Bersani?
«Non esiste, restiamo pienamente all`interno del sistema
parlamentare. Il leader che vince potrà contare su una maggioranza
di 340 deputati su 630, quindi basteranno 25
vietcong per mettere in discussione il governo».
Vietcong?
«Sì, 25 vietcong disposti a fare quello che vogliono mettendo
a rischio la stabilità ci saranno sempre. Chi mette in discussione
in modo sistematico il principio di disciplina del gruppo mina alle fondamenta
la credibilità del sistema e apre la strada al presidenzialismo».
L`Italicum non funziona?
«Noi abbiamo ideato un sistema
che fa uscire un vincitore certo, il quale però avrà sempre
bisogno della fiducia della Camera e quindi della tenuta
del suo gruppo. In tutta Europa i sistemi parlamentari poggiano
sulla disciplina di partito, senza la quale non c`è legge che
tenga. Questa è la radicalità del problema, non certo il modo in
cui si eleggono i senatori».
Lei pensa che la Costituzione
sia solo un pretesto per scatenare l`arma finale contro Renzi?
«A me sembra proprio di sì, un pretesto autolesionistico. Se
la Merkel, Cameron o Rajoy non potessero contare sui loro
deputati non avremmo stabilità in quei Paesi, invece quei governi
durano anni perché nessuno li mette in discussione».
Mentre i «vietcong» come Gotor e Chiti…
«Io con questi amici e compagni non voglio discutere di
sanzioni, ma di politica. Un sistema dove una minoranza dice
‘o si fa così o non voto’ non esiste sulla faccia della Terra e,
sulla strada della lotta interna, è inevitabile che si finisca fuori
dal sistema parlamentare».
Uno scenario da Armageddon…
Ma la minaccia del voto non è un`arma spuntata?
«La mia riflessione è più radicale. Qui non è in discussione
un governo, ma la forma di governo parlamentare. Dopo
Renzi ci potrà essere un altro esecutivo, se teniamo forte e
fermo il governo. Se invece lo uccidiamo, usciamo dal sistema
parlamentare».
Gli emendamenti della sinistra
hanno questo potere?
«L`idea di buttare giù l`articolo
2 è inaccettabile. Sarebbe tragicamente colpevole allontanare
l`approdo di una riforma sognata per decenni. Se vogliamo
discutere di dettagli siamo pronti, ma l`impianto deve restare
quello deciso all`unisono da Camera e Senato».
Renzi cadrà per mano giudiziaria, prevede D`Alema.
«No, io non lo penso. Il Pd ha sempre sostenuto l`autonomia
e l`indipendenza della magistratura e non cambia idea. Noi
abbiamo bocciato la richiesta di una Procura, non dichiarato
guerra alle Procure».