A leggere la risoluzione sul Def della maggioranza balza agli occhi quel riferimento esplicito e netto alle pensioni, in particolare alla flessibilità in uscita. Ma Giorgio Tonini, presidente della Bilancio al Senato e uno degli autori del testo, non ci sta a dare centralità a quel punto. «Vediamo le linee – spiega – l`obiettivo centrale resta quello della crescita e del lavoro. Questa è la stella polare anche di questo Dref, come di quello precedente. Qui sta il fulcro di tutti gli interventi. E come si fa a fare la crescita?».
Ecco, presidente Tonini, come si fa?
«Si fa con misure espansive, dando respiro alle imprese pergli investimenti e alle famiglie per i consumi attraverso l`alleggerimento fiscale. Tutto questo, con un vincolo importante: restando sempre nei parametri degli degli accordi europei. Noi vogliamo stare dentro quegli accordi, ,agari forzandoli al massimo ( e provocando anche le polemiche che si sentono in questi giorni), ma sempre all`interno delle regole, senza seguire altre vie che, come hanno provato altri Paesi come la Grecia con risultati molto preoccupanti».
Resta il fatto, presidente, che sulle pensioni il Parlamento ha messo un punto fermo, che il governo non aveva ripoprtato in modo chiaro nel Def.
«C`è un`apertura maggiore, ma sempre molto prudente. Dobbiamo tenere conto del fatto che la finanza pubblica italiana è sostenibile perché è stata fatta la riforma delle pensioni. Riforma che ha un solo grande difetto: essere arrivata troppo tardi. Se si avesse avuto più coraggio nel `95 ci sarebbe stata una transizione diversa. Invece si è dovuto agire nell`emergenza, con tutte le conseguenze che purtroppo si sono viste, molto pesanti per alcuni lavoratori».
Il sistema contributivo comunque dovrebbe consentire più flessibilità.
«Certo, per sua natura è un sistema più flessibile, ma questo crea due ordini di problemi. La sostenibilità immediata, con un problema di cassa per le finanze pubbliche, e il rischio dì nuovi disparità tra chi ha un reddito alto, e chi invece non può permettersi decurtazioni. Allora bisogna immaginare una forma di contributo pubblico per i più deboli. Ma questo vuol dire destinare ancora risorse alle pensioni, anziché al lavoro. Quindi io dico: apertura sì, ma con cautela. Bisogna essere seri nei confronti del Paese e dei singoli lavoratori, sulle pensioni non si scherza».
Il Senato ha un`aggiunta rispetto alla Camera sulla reversibilità.
«Sì, alcuni senatori del Pd hanno chiesto che ci fosse un riferimento esplicito su un tema peraltro già risolto dall`esecutivo, con l`annuncio di un emendamento che cancellerà il riferimento a qualsiasi manovra sulle pensioni di reversibilità. Lo hanno chiesto, e noi lo abbiamo fatto».
Lei ha parlato di cautela sulle pensioni. Ma poi nella risoluzione si ripropone la decontribuzione. Non è una contraddizione?
«In questo caso si tratta di una misura strategica, per la crescita. Fino a due anni fa eravamo il Paese con la più
alta pressione fiscale sul lavoro, l`anno scorso siamo migliorati e oggi l`Istat rivela che c`è un alleggerimento di 10
punti percentuali. La decontribuzione è stata avviata per dare una scossa al mercato del lavoro, e i risultati sono
incontrovertibili. Ora bisogna lavorare perché il cuneo fiscale si abbassi in modo strutturale».
L`ultimo punto della risoluzione chiede razionalizzazione della spesa sanitaria, salvaguardando i servizi. Sembra un monito al governo.
«Bisogna lavorare per abbassare il costo della macchina, mantenendo illivello delle prestazioni. La Spending Review, a differenza dei tagli lineari che sono grossolani, è paragonabile a un piano industriale che punta ad abbassare i costi e migliorare le performance. Questa logica coinvolge tutta la pubblica amministrazione, ed è una delle sfide più importanti del Paese».


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