Non si tratta di fare presto. Si tratta di chiudere bene questa fase post-elettorale. L`iniziativa ultima del Capo dello Stato ha sbloccato uno stallo e rimesso in moto un processo. Il metodo Napolitano è adesso un modello di confronto e di risultato. È vero che sale forte, dalle parti più diverse, la richiesta di accelerare i tempi. Dall`impresa e dal lavoro, dalla drammatica situazione sociale, dal sentire comune e dai lavori del Parlamento, unanime viene avanti il bisogno di passare a governare. Una delle cose che più mettono in crisi l`immagine della politica è la sua incapacità a decidere: il consulto a Roma mentre il Paese brucia. Lo spettacolo quotidiano dei politici che parlano invece di fare, è devastante. Dal buon mattino a tarda notte compaiono sui teleschermi tavoli di persone che chiacchierano, interpretano, suggeriscono. E pochi i casi in cui non litigano. Poi tocca ai giornali dedicarsi all`arte del retroscena e alle trappole dell`intervista. Come si fa a non capire che tutto questo non avvicina, ma allontana i cittadini dalla politica? La sobrietà nel dichiarare e nell`apparire è la prima regola interiore che un politico dovrebbe coltivare: soprattutto in una situazione di eccezione come quella che stiamo attraversando. I problemi sono veramente enormi, le soluzioni sono oggettivamente difficili: da questo principio di realtà è necessario partire. C`è un solo modo per reagire, con forza, a chi grida: «La demolizione è cominciata». Un solo modo: cominciare a ricostruire. Allora, io credo che vada cercata, perseguita, costruita, con pazienza e con urgenza insieme, una uscita concordata da questa cosiddetta seconda Repubblica. Una morte dolce è quello che serve, per superare una stagione, che non ha peccato di contrapposizioni eccessive, piuttosto di contrapposizioni false, deviate, perché nominate sui personaggi, e certo per colpa di quei personaggi, e di uno solo di essi: in una personalizzazione malata dello scontro politico, dove le differenze di programmi, di progetti, di idee, sono scomparse dall`orizzonte. E quella che si dice la gente, cioè le persone in carne ed ossa, non hanno capito più dove mettersi, per che cosa mobilitarsi, visto che non si parlava più di loro, ma appunto, dei personaggi: coltivando così rancore e disperazione e furia contro tutti. Qui è nata, è cresciuta, si è approfondita, in un ventennio, per un`interra stagione, non nel mese della campagna elettorale, la distanza rabbiosa tra cittadini e politici. E certo qui i professionisti dell`anti-casta hanno trovato il loro brodo di coltura. E la grande comunicazione ha soffiato sul fuoco. E i raccoglitori di tempesta hanno avuto il loro raccolto. Chi ha interesse a mantenere questo stato di cose? Tutti quelli che non vogliono che le cose cambino. Bisogna dire alto e forte, non gridando ma argomentando, che i demolitori sono i veri conservatori. Chi si oppone a qualsiasi soluzione, istituzionale o governativa, è perché è interessato a speculare sul caos. L`incertezza, a non decisione, lo stallo, sono la loro rendita di posizione. 11 cambiamento oggi non può che essere responsabile, e la responsabilità non può che essere volontà di cambiamento. Occorre una discontinuità governata, che nelle scelte di un Presidente della Repubblica di garanzia e di un esecutivo di tregua, miri apertamente a porre le basi di una rilegittimazione reciproca delle forze politiche alternative. Tra governissimo e ritorno al voto spetta adesso alla saggezza istituzionale mostrare che tertium datur. È interesse di tutti i partiti oggi esistenti, se vogliono riconquistare la fiducia perduta, chiudere la trascorsa stagione senza passare, come vorrebbe l`irresponsabilità degli urlatori, per il rogo del Palazzo. L`Italia è l`unico Paese in cui il compromesso viene chiamato inciucio. Ma è opportuno ricordare, a chi l`avesse dimenticato, o a chi forse non lo ha mai saputo, che la politica, moderna, cammina su due gambe, la mediazione e il conflitto. Sempre. O altrimenti è un`altra cosa: non, più nobile e bella, semmai più sciatta, approssimativa, inefficiente, alla fine inutile e a volte, ce l`abbiamo sotto gli occhi, pericolosa. Avremmo bisogno tutti, per il bene comune, di una nuova leva di professionisti della politica, di tipo nuovo: i giovani emergenti dovrebbero infatti, preoccuparsi di crescere in professionalità, prima, molto prima, che in popolarità. La mediazione di oggi serve per il buon conflitto di domani: lo sa ogni sindacalista, che organizza la lotta, poi si siede al tavolo, firma il contratto, rilancia con questo più avanzate condizioni di lotta. Sono state richiamate le larghe intese del passato. Aldo Moro ne diede la lettura più consapevole, più dello stesso Berlinguer: la transizione del compromesso per una strategia di alternativa. Richiamo volentieri la persona di Moro, di cui sento, personalmente, proprio in questo momento, la nostalgia, per dire un`ultima cosa. Non dividiamoci tra chi vuole più sinistra e chi vuole più Pd. Dividiamoci piuttosto tra chi vuole un partito e chi vuole tutto e subito un`altra cosa, senza sapere bene, tra l`altro, che cosa. Ci vuole un Pd più grande, più inclusivo, più rappresentativo, più radicato, più motivato sulle sue ragioni di fondo, che sono quelle di una forza, politica, di grande trasformazione sociale. Ben vengano nuovi contributi, e approdi, collettivi e individuali. Prima esigenza: andarsi a riprendere quella parte di popolo che ha abbandonato il campo. Andarselo a riprendere: i voti vengono dopo, prima viene l`adesione a un sentire, a una parola, a una intenzione, a un modo d`essere, direi, a un modo di stare al mondo, che si riconosce in quelli li, uomini e donne, militanti e dirigenti di quella comunità. Se non scatta, se non si è capaci di far scattare, questa empatia umana tra chi fa politica e chi vive la vita di tutti i giorni, nel lavoro e nel disagio, se non ci si fa riconoscere come uno di loro, non si esce da questa maledizione demagogica, che infetta come un virus tutti quelli che a tutti i costi vogliono irrompere sulla scena. Per fortuna, arrivano, sotto forma di memoria, anche contributi ragionati. Discutiamone, senza chiusure e senza aperture, con serietà e rigore.

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