I caso Cospito e il confronto sul 41 bis, la vicenda della ex vicepresidente del Parlamento europeo Eva Kaili, da più di 100 giorni in carcerazione preventiva: possiamo mai girare lo sguardo dall`altra parte e non osservare le contraddizioni che portano alla luce? Ammetterle rende lo Stato uno stato di diritto e una democrazia veramente
tali. Uno stato autorevole e credibile è quello che tutela i diritti costituzionali e umani, che ripudia le inutili vessazioni di un detenuto o l`uso della carcerazione come strumento di pressione e che condanna qualsiasi forma di tortura. Serve coraggio in tempo di giustizialismo mediatico, me ne rendo conto. Ma dobbiamo averlo, soprattutto noi Democratici.
La Carta tutela i detenuti da trattamenti disumani e dalla violenza fisica e morale. Perché si nega la foto dei genitori all`anarchico? A che titolo si tiene in cella l`ex vicepresidente del Parlamento Ue?
I1 caso Cospito e il confronto sul 41 bis che ne è scaturito, la vicenda della ex vicepresidente del Parlamento europeo Eva Kaili, da più di 100 giorni in carcerazione preventiva: possiamo mai girare lo sguardo dall`altra parte e non osservare le contraddizioni che portano alla luce? No, non possiamo. Si tratta del resto di un tema che riguarda tutti noi, cittadini di un`Europa che dovrebbe essere culla dello Sato di diritto e dei diritti umani. La Costituzione all`articolo 27 afferma: «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». All`articolo 13 stabilisce: «è punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà». E, infine, all`art. 32 sancisce: «la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell`individuo e interesse della collettività». È dunque responsabilità dello Stato che questi principi costituzionali siano rispettati nel caso di una persona privata della libertà. E si tratta di principi che strutturano anche la Dichiarazione universale dei diritti umani. Proprio questo è l`orizzonte di riferimento da tenere presente sempre, anche in queste vicende che, seppur diverse, pongono però lo stesso interrogativo sulla tenuta dello Stato di diritto e della democrazia. Chiarisco subito un punto. 11 41 bis è uno strumento eccezionale, volto ad evitare il passaggio di ordini e comunicazioni tra i detenuti in carcere e le loro organizzazioni criminali di riferimento sul territorio. Questo istituto e la
sua finalità, dovuta alla salvaguardia della sicurezza pubblica, vanno mantenuti e difesi. E per questo la sua attuazione deve essere verificata con puntualità rispetto alle singole situazioni, che è la modalità più importante che abbiamo per proteggerne l`utilità e la funzione. Con questo scopo, come è loro diritto-dovere, alcuni parlamentari hanno svolto l`ispezione al carcere di Bancali, di cui tanto si è discusso. Un penitenziario dove un detenuto, in custodia dello Stato, era a rischio di vita a causa dello sciopero della farne intrapreso per denunciare i trattamenti disumani e degradanti di cui afferma di essere vit- tima. L`impossibilità, per esempio, di tenere in cella le foto dei genitori defunti a quale ratio di sicurezza pubblica risponde? A quale fine rieducativo della pena? L`impossibilità che una bambina di venti mesi veda la madre – Eva Kaili, sottoposta a regime di natura eccezionale da più di 100 giorni, cioè a una misura cautelare quando ancora non è stato celebrato il processo e quindi senza averne accertata la colpevolezza- a quale ratio risponde? E così garantito il primo interesse che è quello che afferisce la vita di un minore? Ammettere che siamo di fronte a evidenti contraddizioni rende lo
Stato uno stato di diritto e una democrazia veramente tali. Uno stato autorevole e credibile è quello che tutela i diritti costituzionali e umani, che ripudia le inutili vessazioni di un detenuto o l`uso della carcerazione come strumento di pressione e che condanna qualsiasi forma di tortura. Un reato di tortura che, invece, una destra reazionaria al governo sta mettendo in discussione, dopo aver fatto naufragare la nostra proposta per evitare la permanenza in carcere dei figli delle detenute, avanzata per garantire il primario interesse dei bambini. La forza dello Stato sta dunque nell`osservare regole e leggi che si
è dato, soprattutto di fronte a chi ha commesso crimini efferati oppure reati gravissimi. Sta, in sostanza, nell`evitare il cedimento di farsi “uguale” a chi condanna e punisce a fine rieducativo. Lo spiegano, da mesi, anche eminenti giuristi, le camere penali, esponenti del mondo delle associazioni per i diritti. Voglio ricordare fra tutti Gerardo Colombo che con competenza e pietas invita, da tempo, ad alzare lo sguardo, portando la riflessione sul carcere ad un livello più alto, tenendo conto anche delle condizioni che in esso si vivono. Questa riflessione va alimentata proprio oggi, quando cresce l`allarme per il terrorismo e l`indignazione per quanto accaduto al Parlamento europeo. Perché farlo non è un segno di debolezza, non è trattare o cedere. Al contrario è riaffermare la forza e la diversità dello Stato e della democrazia rispetto a chi li sta minacciando o ne compromette il valore. Serve coraggio nel sostenere “certe” posizioni in tempo di giustizialismo mediatico, me ne rendo conto. Ma dobbiamo averlo, soprattutto noi Democratici. Abbiamo infatti alle spalle una storia limpida di contrasto alla mafia e al terrorismo, di promozione della legalità e dei diritti umani. Una storia che non accetta insegnamenti e che vive ogni giorno nel ricordo di Pio La Torre, Piersanti Mattarella, Guido Rossa e di quanti e quante sono morti per la democrazia.


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