“Diventando la prima donna Premier, Giorgia Meloni ha tagliato un traguardo che ha un profondo significato anche di ordine simbolico. I fatti valgono sempre più delle parole e il suo varcare la soglia di Palazzo Chigi, il passaggio della campanella tra generazioni oltre che tra generi, fungono da esempio per le ragazze. Tuttavia ci sono molti ma. Sulle politiche la metteremo alla prova. Ma il punto è che la leader di Fdi non sceglie di giocare la carta della differenza di genere, anzi. Rivendica con fierezza di essere una donna che vince in un sistema maschile che non contesta o mette in discussione, ma che riconosce e legittima così com’è, un sistema che quindi non vuole cambiare, ma guidare. E questo è il punto. Se lo riconosci e non lo cambi, a farcela sarai sempre solo tu o poche altre eccezioni. Ecco l’occasione persa”. Lo scrive la senatrice del Pd Valeria Valente, presidente uscente della Commissione Femminicidio, in un pezzo sull’Huffingtonpost. “Non è un caso che non abbia menzionato la Resistenza e i movimenti delle donne degli anni Settanta cui deve molto – prosegue Valente – e non ha detto una parola su violenza di genere e femminicidio, avrebbe dovuto parlare della cultura patriarcale e di cambiarla. Credo che questa Premiership chiami in causa le donne, soprattutto noi donne del Pd che quelle regole della società maschile vogliamo cambiare. Credo che sia arrivato il momento di giocare per noi un nuovo ruolo, che ci veda più protagoniste. Dobbiamo agire di più il conflitto, va messa in discussione e sfidata l’idea di potere degli uomini e i criteri con cui riconoscono e promuovono leadership, autorevolezza e classi dirigenti. Il percorso congressuale dovrà superare le correnti per quello che sono diventate e servire anche a questo nuovo protagonismo”.


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