“Dall’eliminazione della chiamata diretta dei docenti nella scuola, ai soli criteri di anzianità per le carriere in magistratura, il nuovo
governo stà ottenendo il risultato di mandare in soffita il merito e la competenza come criteri per la crescita personale e professionale, anche nella pubblica amministrazione”. Lo dichiara Valeria Valente, vicepresidente del gruppo Pd al Senato. “La conseguenza – prosegue – è
che le persone non saranno più incentivate ad accrescere le proprie competenze professionali, ad impegnarsi per aggiornare preparazione e
capacità: se la carriera è segnata da principi che non nulla hanno a che vedere con i risultati raggiunti, vuol dire che allora non ne vale la pena. Una sfida al ribasso.
L’ugualitarismo senza il riconoscimento del valore del lavoro svolto, danneggia soprattutto la parte più debole della società, costretta a
fare i conti con servizi pubblici che non funzionano e con percorsi formativi che rischiano di diventare inadeguati. Lo Stato, in questo
modo, si chiude e si allontana.”
È uno dei temi fondamentali su cui può e deve ripensarsi la sinistra, evitando – continua Valente – di scambiare il riformismo per
moderatismo, ma impegnandosi in battaglie radicali che parlino a chi vive in condizioni di disagio sociale, chi vive in territori dove è
forte la presenza di organizzazioni criminali, di chi si trova in condizioni tali da pensare di non avere alternative né futuro:
riconoscere a tutti pari opportunità di partenza e contemporaneamente la possibilità di crescere in base al proprio talento, al proprio impegno, alla propria fatica, rappresenta una potente scala sociale, che consente di esercitare il diritto a migliorare le proprie condizioni di vita.”
“Una radicale battaglia fondata sulla necessità di coniugare opportunità e merito vuol dire lottare per creare condizioni che permettano di dare a tutti davvero un’alternativa e un futuro”, conclude Valente.