La violenza contro le donne è un fenomeno strutturale di natura culturale e per questo è spesso invisibile, o arriva alla visibilità quando  troppo tardi. Sappiamo bene che dello stalking, delle persecuzioni, degli stupri, delle percosse, degli atti violenti tra le mura di casa che le donne subiscono abbiamo un’immagine sfocata, che si ferma alla superficie della cronaca che fa più notizia e che viene spesso raccontata attraverso pregiudizi e stereotipi. Questo accade ancor di più per i reati più “nascosti”,  come la violenza psicologica o quella economica, che magari per anni mogli e compagne subiscono, prima che succeda qualcosa di più grave. Tanti reati “spia”, come i trattamenti in famiglia, infatti, non vengono neanche registrati come tali, ma spesso sono derubricati, coperti dal generico conflitto domestico, oppure addirittura  travisati. Siamo ormai tristemente abituati a contare i femminicidi  dall’inizio alla fine di ogni anno.  Ma cosa succede alle morti di donne mascherate da altro e agli altri reati, a tutti gli atti violenti che spesso preannunciano e preludono all’evento più grave? In molti casi cadono nel silenzio, rimangono sommersi.

Tutto questo deve cambiare, a partire dai dati che vengono raccolti da tutti gli operatori coinvolti, dai sanitari alle forze dell’ordine fino ai magistrati, perchè quelle informazioni sono la lente attraverso la quale guardiamo al fenomeno. Di più, sono la chiave da cui conseguono le valutazioni che portano alle politiche di contrasto. E tutto ciò che avviene quando una donna abusata arriva in un ospedale, in una caserma dei carabinieri,  in una centrale di polizia o in aula di tribunale contribuisce a costruire la percezione pubblica della violenza di genere. Bisogna quindi cominciare a porre le domande giuste alle donne, alle ragazze, e alle bambine che arrivano ferite al pronto soccorso, è necessario approfondire cosa cela una semplice denuncia per lesioni o per appropriazione indebita.

E’ per questo che per quest’anno, come Commissione di inchiesta del Senato sl Femminicidio abbiamo deciso di celebrare il 25 novembre, Giornata internazionale dedicata al contrasto, portando nell’Aula di Palazzo Madama il disegno di legge dal titolo: “Disposizioni in materia di statistiche in tema di violenza di genere”, di cui sono prima firmataria e che è stato sottoscritto e condiviso da tutte le senatrici e i senatori componenti della commissione stessa, di tutte le forze politiche. Il disegno di legge è finalizzato a garantire  “un flusso informativo adeguato per cadenza e contenuto sulla violenza di genere contro le donne, al fine di progettare adeguate politiche di prevenzione contrasto e di assicurare un effettivo monitoraggio del fenomeno secondo quanto prevede la Convenzione di Istanbul.

L’obbligo previsto per tutto il Sistan e per l’Istat è di raccogliere i dati sulla violenza disaggregati per uomini e donne e di prevedere indicatori sensibili al genere, producendo un’indagine campionaria triennale interamente dedicata alla violenza contro le donne,  che produca “stime anche sulla parte sommersa dei diversi tipi di violenza, ossia di violenza fisica, sessuale, psicologica, economica, assistita e di stalking”. Per arrivare  a questo risultato, è previsto che le strutture sanitarie pubbliche e i pronto soccorso abbiamo l’obbligo di fornire i dati e le notizie relativi alla violenza contro le donne. Inoltre, entro un anno dall’entrata in vigore della legge, i ministeri dell’Interno e della Giustizia dovranno introdurre nei loro sistemi informativi la rilevazione obbligatoria della relazione autore-vittima per molti reati tra i quali, oltre ai reati già  più indagati come l’omicidio e il tentato omicidio e ai reati “spia” come le percosse,  le lesioni personali e la violenza privata, anche altri meno considerati in questo frangente, come l’abbandono di minore, l’appropriazione indebita  e l’estorsione.

Queste informazioni devono rientrare in un sistema interministeriale di raccolta dati che registri, per ogni vittima, anche l’iter processuale e le misure assunte contro l’autore. L’Istat e il Sistan dovranno infine elaborare anche una ricerca a cadenza biennale sui centri antiviolenza e le case rifugio, indagando sulle caratteristiche sulle utenze e sulle tipologie di violenza. L’auspicio è che questa legge contribuisca a disegnare un quadro più chiaro della violenza contro le donne,  sveli quanto ancora non conosciamo e ci aiuti ad attuare politiche più stringenti  influendo, , cosa ancora più importante,  sulla cultura, sia di chi opera a diretto contatto con le vittime,  che dell’intera società.

 


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