Il concordato in Appello, ovvero l`accordo tra imputato e pm – così come vuole modificarlo la riforma Cartabia – è contrario alla Convenzione di Istanbul. È su questa linea che si muove la Commissione d`inchiesta sul femminicidio, pronta a presentare alcuni emendamenti alla riforma della Giustizia che divide la maggioranza. Proprio ieri Il Fatto ha raccontato come nel testo votato in Consiglio dei ministri della riforma ci siano alcune modifiche del codice di procedura penale che indeboliscono la tutela nei confronti delle donne. Parliamo del concordato in appello. L`istituto giuridico che permette di trovare un accordo tra imputato e pubblica accusa sulla pena da comminare è, a oggi, escluso per i procedimenti che riguardavano reati gravi come prostituzione minorile, pornografia minorile, ma anche violenza sessuale, atti sessuali con minorenni, violenza sessuale di gruppo e così via.

L`ELENCO dei procedimenti per i quali non è possibile il concordato in Appello è indicato nell`articolo 599-bis del codice di procedura penale. Lo stesso che ora la riforma Cartabia vuole eliminare, allargando quindi a tutti i reati – anche quelli di cui sono per lo più vittime donne e minori – la possibilità di accedere a questo istituto giuridico. È anche su questo aspetto che la commissione d`inchiesta sul femminicidio invierà emendamenti. Lo conferma al Fatto Valeria Valente (Pd) che presiede la commissione. Nonostante non sia contraria alla riforma, per la Valente la modifica che si vuole apportare sul concordato in
Appello “è vietata dalla Convenzione di Istanbul, non ci si può mettere d`accordo in nessun modo”. Il riferimento è appunto alla Convenzione del Consiglio d`Europa, ratificata anche dall`Italia, sulla prevenzione e sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne. Il concordato in Appello, così come lo si vuole modificare, “per noi non è possibile spiega Valente -. Non avremo problemi a dire alla Cartabia che non siamo d`accordo”. E aggiunge: “Ritengo che la riforma in generale si muova nella direzione giusta, però sulla questione dei reati di genere come Commissione solleciteremo diversi emendamenti che riguardano appunto i reati di violenza. Su questo vi è la necessità di fare un approfondimento”.

MA NON È TUTTO. C`è un ulteriore aspetto della riforma che potrebbe riguardare i reati contro le donne. Oggi il giudice può assolvere un imputato che ritenga abbia commesso un reato tenue, per delitti che prevedono una pena massima fino a 5 anni. Con la riforma, si allargano i confini: sarà “tenue” il reato con pena minima fino a 2 anni. E tra questi rientrano molti reati contro le donne, come il revenge porre. Anche su questo si sta ragionando in Commissione d`inchiesta al Senato. Di certo, la riforma non rappresenta un passo in avanti per la lotta alla violenza contro le donne.


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