“La separazione della carriere voluta
dal governo non è una riforma, ma una nuova fase della guerra
contro la magistratura, la sua indipendenza e la separazione
costituzionale dei poteri. Nel merito è, secondo noi, sbagliata.
Con la riforma Cartabia, oggi, i passaggi di funzione (da
requirente a giudicante o viceversa) possono essere soltanto uno.
Uno, in carriera. Su quasi novemila magistrati, ce ne sono solo
una ventina l’anno e la gran parte riguardano magistrati di prima
nomina che (dopo essere stati “obbligati” ad accettare la prima
sede libera) dopo gli anni previsti scelgono di cambiare per
ragioni di vocazione giurisdizionale, familiari, ambientali. Il
problema, quindi, non esiste (e dove c’è la separazione, come in
Francia, sotto il controllo del ministero della Giustizia,
passaggi di funzione sono consentiti)”. Con queste parole Walter
Verini, segretario della commissione Giustizia del Senato e
capogruppo del Pd in commissione Antimafia, intervistato da
Affaritaliani.it.

“Riteniamo invece fondamentale che un magistrato abbia una
cultura della giurisdizione unitaria. In altre parole: chi ha
svolto funzioni requirenti (nelle quali peraltro c’è anche il
compito di cercare prove a discarica delle accuse per valutare
una richiesta di rinvio a giudizio) eserciterà meglio, un domani,
funzioni giudicanti. E viceversa. La creazione di magistrati solo
votati all’accusa, una sorta di ‘sceriffi’ autogestiti, separati,
che magari finirebbero inevitabilmente sotto il controllo del
governo di turno, è pericolosa. Per i cittadini, meno garantiti,
per lo stesso sistema giustizia”, prosegue Verini.

“Del resto, oggi, la dialettica tra procure e giudici funziona.
Le procure per intercettare, per misure cautelari, chiedono e
diversi uffici giudiziari autorizzano o no. Oggi le procure
chiedono i rinvii a giudizio solo in presenza di importanti
probabilità di condanna. E sono una elevatissima percentuale i
casi in cui, in primo grado, i giudicanti respingono le richieste
dell’accusa. Si chiama obbligatorietà dell’azione penale,
dialettica processuale, dibattimento, garanzie, presunzione di
non colpevolezza, rispetto delle vittime dei reati (persone,
comunità o Stato). L’attuale impalcatura del sistema giudiziario
già garantisce dialettica e terzietà dei livelli giudicanti.
Potremmo continuare”, sottolinea Verini. 2- Verini (Pd): da governo guerra a magistratura, come Gelli e Berlusconi -2-
Roma, 16 gen. (askanews) – “Penso che la magistratura, in tutti
questi anni abbia compiuto errori. A partire da una ancora
irrisolta patologia correntista e ‘carrierista’ (cosa diversa dal
pluralismo di cultura giuridica). Ci sono stati anche casi di
eccessi di ‘protagonismo’. Ma molti sono stati – direi – di
‘legittima difesa’ (anche eccessi di legittima difesa in certi
casi) da una linea che da Gelli in poi, passando per la lunga
stagione del ‘berlusconismo’ e arrivando ad oggi, pensa a una
magistratura meno indipendente, meno autonoma. Sì, è una linea
che tiene insieme questo, con il fastidio di questa destra al
governo per il giornalismo d’inchiesta, per i controlli. Magari
istituendo decine di nuovi reati e aumenti di pene per reati di
strada (che vanno contrastati, certamente), affievolendo invece
il contrasto a corruzione a reati contro i ‘colletti bianchi’,
attraverso l’indebolimento di strumenti fondamentali di indagine
(per esempio le intercettazioni). E tutto questo senza dare
risposte ai problemi reali del funzionamento, dei tempi, della
macchina della giustizia. Un governo serio avrebbe applicato
davvero le riforme fatte al tempo del governo Draghi (certamente
imperfette, limitate, ma di sistema, non contro o a favore di
qualcuno). E poi, nel tempo, modificarle, correggerle dopo averle
sperimentate. Invece hanno scelto di ridichiarare guerra alla
magistratura”, conclude l’esponente dem.


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