Avvenire” ha acceso fari sulla crescente diffusione delle armi. Fari, non tanto la preoccupazione di giornata dopo un drammatico fatto di cronaca, una lite finita in tragedia, uno sparo accidentale. O un omicidio pianificato di una moglie, una convivente, una ex-fidanzata. I femminicidi, insomma. Capitolo a parte è la diffusione delle armi clandestine, mercato gestito dalla criminalità organizzata, con fatti di sangue spesso opera di bande di ragazzini. L`Italia non è ancora ai livelli degli Stati Uniti, dove quotidiane sono stragi nelle scuole, nei luoghi di svago e aggregazione. Stragi non legate al terrorismo (ci sono anche quelle), ma a un sistema malato di relazioni e di modelli tra individui patologicamente fragili e comunità di riferimento. Negli Usa la facilità di procurarsi armi è pari a quella di acquistare un pacchetto di sigarette. Però lì peso, potenza di fuoco della comunicazione delle lobbies delle armi sono sterminati e ogni tentativo di limitarne la diffusione si infrange. Aggiungiamo poi la paura che investe le società contemporanee, spesso cifra di una condizione psicologica diffusa. Le crisi economiche e sociali hanno creato centinaia di milioni di nuovi poveri. Gente che da una vita di sicurezze è piombata nella precarizzazione e nelle insicurezze. Che ha visto crollare certezze fatte di lavoro, welfare, formazione, casa, pensione. Insomma, presente e futuro non più garantiti, per vecchie e nuove generazioni. In questa insicurezza germinano paure. In tutto l`Occidente soprattutto forze delle destre populiste hanno trovato e trovano terreno fertile. Se c`è paura, fanno credere ai nuovi poveri diventati “penultimi” che il nemico sia il diverso, che la loro sicurezza è minacciata dagli “ultimi: quelli che scappano da fame, malattie, guerre, persecuzioni etniche e religiose, che inseguono il diritto a vivere, a sognare una vita civile. Se c`è paura – fanno credere – c`è minaccia e bisogna difendersi, perché la difesa è “sempre legittima`: Anche quando un ladro scappa e gli si spara alle spalle pure se non rappresenta pericolo attuale e reale. Ecco allora il bisogno indotto di avere un`arma. Per una falsa idea di sicurezza. Ci sono forze che spingono per renderne ancora più semplice il possesso, per semplificarne l`acquisto. Dobbiamo opporci a questa deriva. C`è in Senato una proposta di legge, incardinata in Prima Commissione, ferma da mesi. Una proposta da noi promossa, firmata da parlamentari di tutte le forze di opposizione. Risolverà il problema? No, ma è un segnale, un deterrente. Riguarda le armi per uso privato. Non quelle per attività venatoria né per attività sportiva, anche se riteniamo necessari controlli davvero stringenti sull`esercizio effettivo, costante di questa attività da parte di chi spara ai poligoni “sportivi`: La proposta prevede una intensificazione della frequenza di controlli psicoattitudinali (collegiali) per chi acquista e detiene armi per uso privato. Prevede che familiari, conviventi o ex-conviventi di chi vuole acquistare un`arma vengano informati in tempo reale. Lo stesso per l`informazione alle forze di polizia, per verificare subito se il soggetto abbia a suo carico o in giudicato procedimenti per reati contro la persona, minacce, maltrattamenti, stalking„ etc. Se siano in corso denunce o segnalazioni per queste fattispecie. Insomma, un segnale concreto, di deterrenza, che non risolverà alla radice il problema, per il quale occorre innanzitutto un grande investimento in educazione civica e sociale, nelle scuole, nelle famiglie, nella comunicazione. Ma potrebbe essere una risposta di civiltà. E di sicurezza, che molto spesso è minacciata proprio da politiche securitarie che speculano su paure, reali o percepite, perfino indotte.


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