Per le carceri italiane serve un grande patto nazionale. Bisogna applicare quel “modello Giubileo” invocato da Pier Ferdinando Casini e intervenire subito. Lo ha detto il Papa nel suo appello in occasione della visita a Rebibbia per l`Anno Santo e ce lo dice soprattutto la Costituzione: non si può più aspettare. È il momento del “qui e ora”». Parlamentare dem di lungo corso, Walter Verini è oggi senatore, segretario della commissione Giustizia e capogruppo in commissione Antimafia. Quella delle carceri italiane è una situazione che conosce perfettamente («Ci sono circa 15mila detenuti in più rispetto alla capienza dei nostri istituti, siamo oltre il 32%. A oggi se ne sono suicidati 89, più 7 agenti di polizia penitenziaria») e che è convinto bisognerebbe affrontare uniti: «Serve coraggio da parte di tutti».
Senatore Verini, l`appello di Papa Francesco per «forme di amnistia» ha riaperto il dibattito sulla possibilità che vi sia un qualche condono della pena per alcuni detenuti. Il ministro Nordio però frena e ieri sul Messaggero Luca Ricolfi ha rilanciato il «dilemma» che lega un`iniziativa che sarebbe «etica» alle sue pratiche conseguenze per la società. Lei cosa propone?
«Le carceri non possono essere luogo di abbandono e vendetta. Di fronte ai numeri che conosciamo, l`immobilismo non è più un`opzione, né lo sono gli appelli fine a se stessi. Ora servono iniziative pragmatiche che possano avere un impatto a strettissimo giro. Ed è per questo che credo serva un grande patto nazionale. Propongo al ministro Nordio, a cui sono certo andrebbe il sostegno di tutto il Parlamento, di convocare le associazioni imprenditoriali di tutti i settori dal turismo, all`edilizia fino all`agricoltura, al commercio o all`artigianato – insieme all`Anci e ai singoli Comuni per strutturare con loro un piano straordinario. Dirgli cioè: voi avete bisogno di manodopera, sviluppiamo un protocollo per cui nei prossimi tre-quattro mesi l`Anci individui un domicilio per chi non ce l`ha e non ha possibilità di accoglienza, e lo Stato fa dei corsi per formare quei detenuti che potrebbero usufruire di una qualche forma di clemenza nei mesi successivi. Che si tratti di un indulto, un mini-indulto o riguardi solo la liberazione anticipata non importa. Ciò che conta è che, mentre il Parlamento in 6 mesi definisce chi potrà beneficiarne, si strutturi un sistema che consenta ai detenuti interessati di andare a lavorare non appena escono dal carcere».
Però per il ministro Nordio un indulto sarebbe un segnale di «impunità». Per Ricolfi, invece, troppo spesso si sottovaluta che l`amnistia riguarda anche le «future vittime».
«Non sono d`accordo. In particolare perché quello delle future vittime è un tema che si può ridimensionare. Ad essere interessati dal provvedimento di clemenza sarebbero quasi 15mila detenuti scelti solo tra coloro che vanno verso la fine della pena o comunque che hanno commesso reati che non hanno grave allarme sociale. Né omicidi né mafiosi, per capirci».
L`urgenza è evidente e molte forze stanno convergendo sulla necessità di un intervento anche parziale (dal vicepresidente del Csm Fabio Pinelli all`Associazione Antigone), il governo però sta intervenendo con un piano per l`edilizia carceraria per cui ha stanziato 255 milioni di euro. Non basta?
«Non credo sia utile fare polemiche ora: ben venga ogni iniziativa ma quelle con un raggio d`azione medio o lungo non bastano più. Noi come Pd abbiamo ripresentato come emendamenti le proposte lanciate nei giorni scorsi da Renato Brunetta per indulto parziale e continueremo a lavorare per tutti gli aspetti critici: dalle strutture fatiscenti, alle iniziative legate all`affettività fino al problema delle madri detenute e tanti altri. Ma ora dobbiamo ragionare in termini di emergenza. Serve un intervento immediato, un patto come quello per il Giubileo. Mi aggancio alla proposta del collega Filippo Sensi, sarebbe bello se a giugno potessimo invitare il Papa in Parlamento per dimostrargli che abbiamo accolto il suo appello. Ma mi lasci precisare una cosa».
Prego.
«Non è tanto il pontefice a chiederlo, quanto la Costituzione, all`articolo 27. Quello che spiega come le pene non possano consistere “in trattamenti contrari al senso di umanità” e debbano “tendere alla rieducazione del condannato”. Al ministro Nordio quindi chiedo coraggio. Lei c`era all`apertura della Porta Santa a Rebibbia, lo ha accolto, ora si distacchi dagli estremismi vendicativi del sottosegretario Delmastro».


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