Walter Verini, senatore del Pd, è arrivato il tempo della pacificazione nazionale?
«Sì, riscriviamo pure la storia e facciamolo come un rifiuto della violenza e dell`odio. Abbiamo il dovere di ricordare quella stagione dei morti politici degli anni Settanta e Ottanta e affermare con nettezza che non si può essere ammazzati perché si hanno idee diverse».
La premier Giorgia Meloni l`ha citata per questo, ricordando il rogo di Primavalle. Lei, unico dell`opposizione, l`ha definita «una strage orribile» e ha detto che è «un dovere» ricordare i due fratelli Mattei uccisi cinquant`anni fa perché figli di un segretario di una sezione missina.
«Sono stato l`unico in questa fase a parlare di pacificazione. Ma nel 2008 è stato Walter Veltroni ad aprire questa strada con il famoso abbraccio al Palalottomatica».
Di quale abbraccio parla?
«Quello fra la madre di Valerio Verbano, Carla Zappelli, e Gianpaolo Mattei, fratello di Stefano e Virgilio. Fu un evento storico, direi, emozionante».
Valerio Verbano, studente di Autonomia Operaia ucciso da un`azione rivendicata dai Nar; l`omicidio di Stefano e Virgilio Mattei rivendicato invece da Potere Operaio. Sono stati anni terribili…
«Sono stati anni in cui hanno drammaticamente perso la vita molti ragazzi. Ricordiamone alcuni: Paolo Di Nella, Walter Rossi, Luigi Di Rosa. Di tutte e due le parti politiche. Dobbiamo dire basta all`odio, ma dobbiamo farlo anche parlando dell`odio che ai nostri giorni c`è nei confronti di chi è diverso. Un odio che viene amplificato da quei portatori di violenza che sono i social>
Ieri anche il presidente del Senato Ignazio La Russa l`ha citata ricordando le parole che lei ha pronunciato giovedì scorso in Senato proprio sui fratelli Mattei. Anche lui ha auspicato che ci sia la pacificazione.
«D`accordo certo. Ma la pacificazione non è certo un indistinto vogliamoci bene».
Cosa intende?
«L`ho già detto e ripeto: la pacificazione è necessaria per cancellare l`odio. Ma per farlo si deve avere un terreno comune. E quel terreno comune si chiama resistenza, antifascismo, democrazia. Si chiama 25 Aprile».
Sta invitando il governo e le istituzioni a partecipare alle celebrazioni della festa della Liberazione?
«Sto invitando a prendere una distanza netta dal fascismo, come aveva fatto già tempo fa Gianfranco Fini».
Meloni ha più volte detto di non aver mai provato simpatia per il fascismo, che però è finito e che lei è nata a metà degli anni Settanta.
«E che cosa c`entra? Non è che la storia comincia dal momento in cui nasci. Ora bisogna prendere le distanze dal fascismo senza freno a mano tirato, senza imbarazzo. Senza mostrare con orgoglio i busti di Mussolini. La premier Meloni deve ricordare che se sta dove sta ora lo deve alla liberazione dal fascismo».
Dunque come dovrebbero comportarsi il governo e le istituzioni il 25 Aprile? Dove dovrebbero festeggiarlo?
«Non è importante il dove, ma il come. Ricordo che nel 2009, dopo il terremoto dell`Aquila, Berlusconi – che ho sempre considerato un avversario – il 25 Aprile andò ad Onna a fare un bellissimo discorso con al collo il fazzoletto della Brigata Maiella, quella del presidente Ciampi».


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