“Se i candidati li decidono in 3-4 al chiuso di una stanza, non è questo il partito che volevamo: diventiamo un partito vecchio e logoro. Il problema ce lo dobbiamo porre”. E a porlo, il problema delle primarie accantonate, è Sandra Zampa, ultima dei prodiani in Parlamento, senatrice, storica collaboratrice del Professore ai tempi di Palazzo Chigi, ma anche prima e dopo.
Schlein e tanti altri, nel Pd di oggi, dicono che le primarie sono solo uno strumento, più che un valore fondativo, e che si fanno quando servono. È d’accordo?
“Credo che sia giusto non brandire le primarie come un elemento di divisione. Quindi chiariamoci: non sono un tabù. Però…”.
Però?
“Quando un partito si dà alcune regole, peraltro più volte modificate, si dovrebbero rispettare. La verità è che le primarie sono state danneggiate e mortificate nel corso degli anni: preorganizzate con un vincitore deciso a tavolino o inquinate da voti che non avrebbero dovuto esserci. E questo ha fatto molto male alla vita del partito. Purtroppo, chi l’ha fatto non è mai stato abbastanza censurato”.
Dunque Schlein che dovrebbe fare?
“Quando si decide che una cosa si cambia, si dà una spiegazione. Non facendo finta di niente. Lo dico perché sono passata dall’aver letto che le primarie sarebbero state usate in qualunque circostanza, anche per scegliere i candidati al Parlamento, al fatto che siano, di fatto, accantonate. Così non si capisce più niente e questa vaghezza dà forza a chi non aspetta altro di irriderle, le primarie, e con esse il Pd nuovo a cui viene appunto rinfacciato di essere come quelli vecchi”.
Molti nel Pd pensano che le primarie siano un ostacolo per le alleanze: Conte non le vuole.
“Se la ratio è questa, non è una buona base di partenza per un’alleanza. E non va bene come giustificazione. Schlein dovrebbe spiegare chiaramente perché non si fanno, agli iscritti ma anche ai semplici elettori. Sia chiaro, io ho fatto parte del governo Conte II, ho avuto rapporti migliori con alcuni colleghi 5 Stelle che con tanti miei compagni di partito. E non credo ci sia un orizzonte diverso rispetto a questa alleanza. Però non si dica che chi vuole le primarie non vuole vincere. Anzi, spesso le primarie ci hanno aiutato”.
Lo statuto del Pd è diventato lettera morta?
“Il punto è proprio questo: se si decide di derogare allo statuto, bisogna spiegare perché. Non far passare la cancellazione in sordina. Lo statuto va rispettato, non usato solo quando fa comodo. Altrimenti diventiamo un partito vecchio. Il Pd è nato come partito nuovo, con Prodi, perché c’era l’idea che gli elettori, iscritti e non, partecipassero alle scelte importanti”.
Come eleggere il segretario. O la segretaria…
“Di certo Schlein si è trovata a fare la segretaria del Pd grazie alle primarie, vincendo con i voti dei non iscritti. A maggior ragione mi domando: perché non valorizzarle di nuovo? È chiaro, dove c’è un sindaco uscente o un candidato con un sostegno larghissimo, non ce n’è bisogno. Ma in altri casi sì. È parte della nostra identità”.
Un altro simbolo della stagione dell’Ulivo era l’idea del federatore, cioè Prodi. Oggi un federatore serve?
“Io credo che prima di parlare di chi federa le parti, sia necessario trovare un cemento comune, serve un processo di costruzione durante il quale, alla fine, si sceglie anche il federatore. Ma non serve oggi buttare là nomi a casaccio”.
E come va scelto il federatore?
“Con le primarie, assolutamente. Non da due-tre persone in una stanza. Noi abbiamo bisogno di far uscire le persone dall’astensionismo”.
Prodi tornerà a parlare da un palco del Pd il 16 dicembre. La sua tenda si è riavvicinata a quella dem?
“Certamente sì. Credo abbia molte cose da dire sul Pd e spero le dica, con i suoi modi, che sono sempre molto paterni. Magari con qualche tirata d’orecchie”.