Mi è stato chiesto, giorni fa, se avevo una particolare ragione perché, pensando a Dio, scegliessi il Dio cristiano. Con l`animo di cui dispongo, perché il cristianesimo era la religione di mio padre e mia madre, la tonalità più interiore della mia gens, quella che ha ispirato l`umanesimo virgiliano; perché è il credo che più risponde alla questione del senso, metafisico e reale, di tanta umanità. In esso non c`è Dio soltanto: c`è il Dio incarnato, c`è Gesù. Cioè Dio che si fa uomo e ci offre un fratello, ma anche la promessa del bene cui più anela l`uomo: l`altra vita. Qui la tesi del filosofo tedesco Ludwig Feuerbach – secondo la quale è l`uomo ad avere creato Dio per Sergio Zavoli garantirsi l`eternità – ne fa la proiezione di un`istanza umana che in Cristo ha la ‘prova’ di essere stata accolta: il Padre, attraverso il Figlio, si faceva padre anche nostro. Ecco la polarità del cristianesimo: unico, tra le religioni, era il mistero rivelato, quindi anche la storia, di Cristo. E non stento a credere che l`introspezione religiosa sia una fonte di coinvolgimento anche per il pensiero laico, sempre in debito di fronte all`incredulità. Viene in aiuto Sant`Agostino: «’Credere assentendo’! Chi non vede che il pensare precede il credere? Nessuno, certo, crede alcunché se prima non ha pensato di voler credere».

Ne Parlano