Incontrerò Pietro Ingrao, figura alta del comunismo italiano, per parlare della sua poesia. Sarà accogliente, ringrazierà del mio interesse, forse immaginando che gli avrei chiesto un`intervista. Lasciava trasparire un pensiero risoluto e tuttavia imbarazzato, così mi sembrò, all`idea di dovermi spiegare, con un tratto sobriamente ironico, che lapoesia non rientrava nella sua immagine pubblica. Il filosofo Mario Tronti – allora a sua volta comunista e figura molto amata dai democratici – ha trovato le parole più idonee che un intellettuale di vaglia, cresciuto nella cultura marxista, potesse pronunciare riferendosi al titolo di una raccolta del compagno poeta: Il dubbio dei vincitori. «Io credo» disse Tronti «che può dubitare, e ne ha il diritto, chi crede in qualcosa; chi ha, chiamiamola con il suo nome, una fede. Viviamo in un tempo in cui per essere moderni o, peggio, post-moderni, non bisogna credere più a niente». Ingrao, che ripeteva «non sarei sincero se dicessi che mi avete convinto», non ha mai discusso quella scelta di vita; ma non negava il valore del dubbio se quella parola si trova addirittura in una sua silloge; equi Tronti ricordò che al bilancio finale della sua fede politica Ingrao aveva dedicato questo verso: Leva in alto la sconfitta. Da leggere così, concluse il mio amico filosofo: «Dà un pensiero alto alla sconfitta e non farti abbassare da essa. Cammina sui vecchi sentieri senza lasciarti sfuggire nulla di ciò che è nuovo!».

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