Forse qualcuno ricorderà l’incontro televisivo con Wernher von Braun a Huntsville, in Alabama, e le parole che ci scambiammo. Questa parte di prologo, che ritrovo in un taccuino di appuntì, nel clima creato dall’imminente viaggio verso la Luna mi sembrò, lo confesso, una specie di azzardo tra reale e visionario, un’immane equazione, per dir così, metafisica. Eccone un breve stralcio: – Lei crede in una vita ‘intelligente’su altri pianeti? «Nella creazione tutto risponde agli stessi princìpi. Il diverso, nett’infinitamente grande, non esclude ciò che è uguale o simile. Per quale idea concreta, o mistica, oppure per quale orgoglio umano, non dovrei credere che in un universo senza confini, magari in qualche galassia distante da noi miliardi di anni luce, si siano rivelate le stesse condizioni grazie alle quali noi viviamo sulla Terra?». – Lei, dunque, non si meraviglierebbe se esseri uguali o simili a noi si facessero conoscere… «L’immensità del cosmo e la molteplicità della sua natura ci dicono che ciò è più che probabile. Prenda la piccola porzione di cielo che vediamo incorniciata dalla nostra finestra: vediamo una decina di stelle, ma ne contiene migliaia. Come credere che sia toccato sob a noi il privilegio di vivere dentro una infinita moltitudine di mondi?». C’era abbastanza per pensare alle attese di mio padre che qui, dove siamo nati, stava vivendo in un ospedale i suoi ultimi giorni in un angolo dell’infinito.

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