C’ è una pornografia del dolore, e un`altra addirittura della necrofilia, che fanno della morte una sorta di nuova normalità. Quel bambino riverso sull`orlo turco della battigia, con il volto nell`acqua – la maglietta rossa, i calzoncini blu, le scarpine con la fibbia e il bottoncino di una volta è diventato in poche ore l`icona di una immane tragedia, purché la si racconti con il cauto, tenero, paterno abbandono offerto al piccolo dalle semplici braccia di un poliziotto. Ci si esercita, invece, in un dilemma che toglie ogni pietà agli occhi di chi guarda quel mare, quel morticino, quella foto, perché si vuol sapere quanti di noi sono stati travolti, o indispettiti, da quell`immagine; perché quella creatura «spiaggiata» come un cucciolo di delfino, anziché lasciare un segno nel cuore antico dell`umanità, ha indotto Paesi interi a dover valutare, nientemeno, «il ricatto della misericordia». Si è preferita, ed è in corso, la strategia della minima accoglienza con l`algido pretesto che l`Europa non si è «ancora» dotata di una apposita, rigida, legislazione; tranne per il privilegio concesso ai migranti siriani perché, udite, sono «un popolo di ingegneri, avvocati e professori» che «possono giovarci socialmente», e non di «criminali» in cerca di mercati per le loro imprese.

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