Il 6 Ottobre del 1924 corse nell`etere la voce che annunciava la prima «audizione radiofonica» del nostro Paese. Da neppure un mese, scusate l`intrusione, avevo compiuto il mio primo anno di vita, e ventitré anni più tardi affrontavo la scalinata di un palazzo romano, in via Asiago 10. Era la mia nuova casa. Dopo cinque giorni, allo Stadio Flaminio, mi fu messo in mano un microfono perché raccontassi, in diretta, la partita di calcio Roma-Fiorentina. (Tre a due). Era l`inizio di un lavoro che faceva di me un parlatore professionale, con il potere di farmi ascoltare, a Rimini, dal mio piccolo, fiducioso universo. Riempivo di parole una città rimasta in silenzio, dopo quattrocento bombardamenti e ormai avvezza a percepire, anche da lontano, l`arrivo degli aeroplani. In un certo senso fu come svezzarla dal ricordo di quel travaglio, con un gran dire di tutto, e la voce che si spandeva su una specie di ossario dovuto al gesso e alla calce rivoltati più volte dalle bombe. Finché, dopo una ventina d`anni, arriverà inesorabile un bisogno di leggerezza che avrebbe decretato, conclusa l`Olimpiade romana, la fine della mia lunga traversata radiofonica. Sarà nel 1960, l`anno dei piccioni fuggiti tutti quanti dalle due piazze, dal Tempio e dall`Arengo, allarmati dai febbrili preparativi per l`arrivo della fiaccola olimpica: non così le colombe, tenute in serbo in un capannone dei pompieri quasi presagendo di festeggiare, con un gran volo, i duecento memorabili metri di Livio Berruti.