Ogni tanto risale dalla mia infanzia la vaga curiosità di sapere come, venendo al mondo, ci hanno insegnato a viverlo. Ho già scritto che dalle mie parti un conto è crescere, un altro è venir su. Crescere dà un`idea di creatura rara, la cui esistenza va sorvegliata con cura e alla cui perfezione si riservano regole mondane, princìpi morali e norme estetiche in funzione della preziosità di ciò che, appunto, deve crescere; mentre venir su è l`opposto, è la natura che affida alle lune, come per il vino, la sorte buona o cattiva di chi s`inerpica alla meglio sui fianchi dell`esistenza. Pensavo a quella distinzione, un po` ingenua, dai tempi della scuola, quando nei modi d`essere o di apparire dei compagni intravedevo le differenti vite dei padri e quindi le sorti già fissate dei figli, immaginando così un destino di diversità che nessun prodigio avrebbe potuto deviare dal suo corso. Non per nulla, mi dicevo, si cresce a corte, in villa, in collegio, alla scuola di un maestro o all`ombra di un potente, e si viene su come Dio vuole, bene o male a seconda della salute, del coraggio, delle circostanze. E delle comete. Le stesse, vaneggiavo, di Dino Campana, il mio primo poeta prediletto; con il sensorio spaesato, dicevano alle sue spalle.