Negli anni 50 e 60 i meridionali vivevano al Nord come gli uccelli, sempre pronti a volar via. A gente così giovane e antica si erano presentate molte tentazioni: Milano era enorme, le strade di periferia non si estinguevano nei campi, ma entravano in un seguito di altre città. Giustino Fortunato aveva scritto: «Il Mezzogiorno sarà la fortuna o la sciagura d`Italia». D`Annunzio, dal fronte, disse lugubremente: «Qui, su questo enorme tavolo d`obitorio, si scopre finalmente il corpo dell`Italia intera». Ed ecco una lettera dalla ‘Grande Guerra’: «Afezionatissimo cogino» scrisse un giovane contadino del Sud «da un momento all`altro mi possono anche fucilare per disserzione ma io non centravo niente e non capivo quelle parole del norde del capitano. Ma speriamo che tutto va apposto come dice anche il capitano in volontà diddio Santo…». Renato Serra, dal fronte, chiamò quelle solitudini «il segno dell`Italia da farsi, messa insieme quassù alla rinfusa». Scopro un singolare risarcimento nell`elogio di Leonardo Sciascia: «Questa gente va capita soprattutto in ciò che non dice». Dalle gole chiuse per tanto tempo il silenzio non avrà a lungo una ‘voce’ così debole e inascoltata. A migliaia hanno lavorato per l`Expo, e sono risultati tra i più efficienti. Ma la voce, nel Sud, è ancora debole e spesso inascoltata. Dietro i vetri della credenza ci sono ancora le foto del soldato che non capiva le «parole del norde».

Ne Parlano