Oggi, 4 dicembre, ne ricorda un altro,
fortemente simbolico: nel 1963 Aldo
Moro, per la prima volta, divenne
presidente del Consiglio. Dopo 52 anni – a
37 dalla sua uccisione – da un`intervista a
Mario Moretti, leader delle Br, traggo questa
domanda: Vuole dirmi quando Moro ha
capito di avere perduto la sua battaglia? Mi
rispose: «Quando, leggendo il messaggio di
Paolo VI, il presidente arrivò alla frase
‘liberatelo senza condizioni’». Era,
politicamente, la sua condanna. L`invito del
Papa suscitò gravi sospetti: persino che al
pontefice avessero consigliato di inserire in
quella missiva la frase cruciale. Per
approfondire l`inchiesta su La Notte della
Repubblica interpellai Giulio Andreotti:
Vorrei conoscere, presidente, la sua opinione
sulla lettera di Paolo VI ad Aldo Moro. La

risposta: «Don Macchi, il segretario del Papa,
mi ha raccontato che il Pontefice gli dettò
quella lettera mentre stava alla macchina per
scrivere. Senza la presenza di altri, e quindi
nessuno che avesse suggerito alcunché.
L`appello del papa alle Br tendeva a questo:
che finalmente Moro fosse liberato. E dunque
che volesse dire: ‘Basta. Non c`è un negoziato
da fare, dovete liberarlo perché quella che
state perpetrando è un`ingiustizia
criminosa’». Un giorno, il presidente della
Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, rilascerà
un giudizio che riflette la sua dolorosa
partecipazione a quel dramma: «Un Paese
senza memoria è un Paese senza grandezza
[…] e ciò travalica le grandi svolte della
Storia». Nessuno, fino a oggi, ha indicato ai
fatti la strada con quella salvifica curva.


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