Penso che siamo più sani di mente, nel senso di meno isterici, nel senso di meno isterici, per esempio sul tema del pericolo nucleare rispetto alle generazioni che ci hanno preceduto. Noi non perdiamo la ragione, perché il pensiero di un mondo senza allarmi e timori ci è quasi scontato, non è nulla di nuovo». Con questo ruvido disincanto lo scrittore statunitense David Leavitt ricorda che in un college del suo Paese gli studenti hanno votato perché l`infermeria della scuola si dotasse di pillole velenose: per suicidarsi, anziché morire di radiazioni, nel caso di una catastrofe nucleare. Di fronte alla drammatica rivelazione di Leavitt rivado a quel nostro inesausto corteggiare la vita, fedeli a quell`impegno di esistere, e di resistere, anche quando la paura induceva a mitigare sogni e certezze. Del resto sarà un papa, Giovanni Roncalli, a dire: «Siamo nati per vivere, non per morire». Domani, in questo stesso spazio, leggerete, a questo riguardo, le parole dall`amico e poeta David Maria Turoldo in una testimonianza resa alle soglie del suo congedo. L`ho scelta, fra tante, perché esprime una laicità tenuta delicatamente in serbo per non separare il suo addio dalla solidale fraternità vissuta insieme con i cosiddetti ‘lontani’.


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