Si affaccia tra i giovani, ma stancamente, qualcosa di simile al ‘sogno ‘ di Martin Luther King. Occorre dir loro che quel tempo, quel mondo, quelle marce, e soprattutto quei sogni, nacquero dalle parole di Roncalli, Kennedy e Kruscev; che i giovani si preparavano a pronunciare la parola ‘contro ‘ in tutte le lingue della Terra; che l’America era ancora il ‘gendarme del pianeta ‘ e l’Urss ormai ‘l’impero del male’; che molti intellettuali credevano in una fondamentale inversione, cioè in una giustizia garantita dalla libertà. Quindi in una pace che sconfessasse non solo la guerra in sé, ma anche difendendola tra una minaccia e l’altra. Quando i ragazzi si scambieranno i canti e i gridi, le illusioni e le molotov – l’armamentario dell’utopia – perché essere giovani significava gridare in nome del cambiamento, prima ancora di capire come vivere il presente. Luther King interpretò la causa dei neri d’America inserendola nello scenario di una generazione decisa a non farsi derubare ancora una volta del futuro. Bisognava afferrare il tempo con le mani per farne subito qualcosa di nuovo; perché ciò che si consegna a un astruso bisogno di velocita è già vecchio, non avrà l’energia civile per ritrovare il bene della normalità che fece dire a Louis Aragon, ma era un poeta, «solo il normale è poetico».