Smanita, con il fascismo, tanta parte dell`identità ideale, culturale e politica, non resta immotivato il presunto declino dell`identità; al contrario di quanto è accaduto alla mia generazione ai tempi del grande coinvolgimento nella questione delle libertà cancellate in Europa da due dittature, costato il prezzo esorbitante di dover ritrovare una profonda riappropriazione politica, etica, culturale dei beni perduti. Persino dire «ho un sogno», come accadde a Martin Luther King significò avere un progetto con uno scopo e un`anima. Oggi, vittime della velocità, i progetti stentano a durare, forse perché sono più confuse e più deboli proprio le lusinghe del ‘sogno’. Una sequela di dispute civili si sono scontrate con abissi di violenza, da una parte, e d`indifferenza dall`altra, ed è probabile che la crisi avesse una natura simile a quella del linguaggio: un giovane seguace del Che, per spiegare la sconfitta della rivoluzione castrista disse che «non si poteva più sognare perché Guevara era morto, e non sapevamo più cosa dirci!». Penso al dialogo lungo e discreto di Francesco con Fidel Castro, a quello altrettanto intenso con Obama, che lo chiamerà «il Papa della speranza», e alle parole dette all`Onu, con l`invito agli Stati Uniti di rinunciare alla pena di morte; dedicando infine severissime parole a quegli uomini della Chiesa lasciatisi trascinare in indicibili, e fin lì qua e là celate, cadute morali.