Rileggo le parole di Il`ja Erenburg giunte in libreria con le pagine di Viaggio attraverso la giungla d`Europa: «Ogni anno si seminava più grano in Canada, in Argentina, in Australia. Mentre i pastori benedicevano la distruzione del grano perché bisognava mantenere il prezzo politico» del pane, la Cina era squassata dalla più grande carestia della Storia: moriranno milioni di donne, vecchi e bambini. Dopo le bibliche carestie del Niger, del Sahel e dell`Alto Volta, Jan W Forrester, da cui dipendeva un gruppo di ricerche del Mit di Boston, dichiarò: «Andrebbe in qualche modo circoscritta l`idea secondo la quale l`uomo dev`essere il custode del proprio fratello: salvare i denutriti di oggi potrebbe voler dire aumentare la fame di domani». Era un`ipotesi violenta, ma non ci fu nessuna reazione del mondo civile. Qualcosa di teoricamente simile è accaduto, e permane, nella tragedia dei migranti. Papa Francesco, mi perdoni, è materia sua! Serve quel sacrosanto realismo che le fece dire «la realtà viene prima anche di una buona idea». E ripeto, qui, le parole che pronunciò per «La Civiltà Cattolica», nel settembre del 2013: «Io vedo con chiarezza che la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno è la capacità di curare le ferite e riscaldare il cuore dei fedeli con la vicinanza, la prossimità. Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia». E lo hanno accusato di mitezza.