La strada si gremiva di notizie: i morti attorno a casa erano ventisei, altri diciannove ne avevamo contati nelle strade vicine, e via via il conto aumentava perché il crepitio delle voci ne aggiungeva continuamente di nuovi. Il nostro inquilino estivo, che aveva prolungato la vacanza grazie alla buona stagione, si aggirava in vestaglia di damasco davanti al cancello, sulle prime invocando e poi pretendendo che qualcuno facesse sapere alla società telefonica che lui, ispettore ministeriale a riposo, non riusciva a comunicare con la capitale. Arrivò mio padre, gli mise in mano una vanga e l`invitò a seguirlo. A una trentina di metri, tra quelle colpite c`era una casa vicina alla nostra, ma lui resisteva, e allora venne preso per la treccina di seta che stringeva la vestaglia alla vita, mentre l`inquilino provava a puntellarsi tenendo la vanga di traverso contro il cancello. Fu allora che mio padre, dimentico del decoro procuratoci da quell`ospite ragguardevole, lo afferrò per il bavero e mia madre lanciò dalla terrazza prima un grido poi un vaso di gerani nella speranza che il marito, sorpreso dal fracasso, allentasse la stretta.
Dopo quanto era accaduto non si era più in attesa di nulla; immersi in quell`improvvisa rovina sembrava che dovesse toccarci solo una grande pace. Forse per resistere a un`onta cadutaci addosso, con tutta quella morte, quasi di soppiatto.
Dopo quanto era accaduto non si era più in attesa di nulla; immersi in quell`improvvisa rovina sembrava che dovesse toccarci solo una grande pace. Forse per resistere a un`onta cadutaci addosso, con tutta quella morte, quasi di soppiatto.