Il fronte era via via più lontano, si udiva appena il brontolio delle artiglierie, i lampi precedevano gli scoppi apparendo qua e là in un punto sempre diverso del buio. La tragedia perdeva il suo fragore, anche se la lontananza non leniva i suoi lasciti, ma anticipava i ritorni, a cominciare dalla libertà. Ricordo quanto fu lunga l`attesa della Repubblica, e come esplose la notizia del suo primato. Assistemmo a molte conversioni delle appartenenze sconfitte, senza abiure perché non si chiedevano attestati di un`innocenza sepolta dall`orrore, e quella pace, d`altronde, parlava da sé di pacificazione. Ovunque, invece, gi- rava la parola compagno. I vecchi se la scambiavano con antica familiarità; i giovani con un filo di ostentazione, forse dovuta all`ebbrezza dell`apprendistato. Dopo tanto nero, quella parola vermiglia era uscita come da un vulcano tornato a farsi vivo. Rimasta muta per due decenni aveva un suono così libero e nuovo da sembrare inventata in q uell`attima Invidiavo chi se la scambiava, spesso i miei amici più cari, perché doveva essere come sentirsi abbracciati dalla Storia. Ed era, infatti, un`altra storia destinata anch`essa, direbbe Machiavelli, a «ruinare».