Bisogna eliminare lo spoil system da parte della politica e rinnovare lo spirito di autentico servizio pubblico dove centrale è l`informazione
Sergio Zavoli non è solo l`ex presidente della Vigilanza Rai, ma un pezzo di storia della televisione pubblica.
La Rai è davvero riformabile?
«La Rai è riformabile se si accetta l`idea di rífondarla sulla base di un proposito pregiudiziale: quello di rinnovare, aggiornandolo, lo spirito di un autentico servizio pubblico. La cui natura rifiuti l`antica insidia di una politica che ha inflitto al più grande strumento per la crescita civile e culturale del Paese una sorta di pluralismo democratico in realtà trasformato nella somma di tante, evidenti ma indomabili faziosità. Il passo indietro dei partiti dalle intromissioni disseminate negli ambiti e nei ruoli più indebiti dell` ‘occupazione’ deve dar luogo a un sistema di garanzie che tuteli un patrimonio nazionale gestito secondo un trasparente principio di competenza, indipendenza e responsabilità».
Come si superano ingerenze come l`editto bulgaro se le nomine continuano a farle i partiti?
«L`ho appena accennato, una pregiudiziale primaria è quella di eliminare le inframmettenze esercitate attraverso la pratica dello spoil system, cioè dei sistematici affidamenti professionali, i più delicati, decisi dai partiti che prevalgono nei confronti elettorali».
Quanto ha pesato in questi anni, sulla televisione pubblica, che l`ex premier e capo politico del principale partito di centrodestra fosse il proprietario di Mediaset?
«Nel mio esordio alla presidenza della Rai, con la ‘televisione libera’ già sul mercato, dovetti difendere l`idea che dalla competizione si sarebbe avvantaggiata la qualità del prodotto, a condizione che competere volesse dire distinguersi, non uniformarsi al modello della concorrenza. Il servizio pubblico, ovviamente, ci chiedeva di avere un`identità particolare, ma la logica del consenso presto scivolerà nella diffusa indistinzione tra numeri e persone. Vincerà lo share».
Crede che nell`informazione oggi ci siano troppe notizie e poco approfondimento?
«L`Informazione è la forma comunicativa centrale di una Tv pubblica. L`ho ripetuto in Senato: informare significa fornire notizie, comunicare è lasciare dei contenuti. Sono grato ad Amartya Sen, Premio Nobel per l`economia, di aver attribuito all`Informazione il secondo dei massimi poteri espressi oggi, subito dopo quello della Finanza, da questa inquieta e non sempre esemplare modernità. L`Italia deve muovere dal presupposto secondo cui il sistema informativo è quello che esprime la qualità oggettivamente più rappresentativa di una dimensione moderna, democratica, europea».
In tutta Europa soffia il vento del populismo. Se lei facesse ancora televisione, forse ideerebbe un programma dal titolo ‘La Notte dell`Europa’.
«La politica non è una disciplina, men che meno una scienza esatta. La sua natura è di interpretare l`ineluttabile e sempre più veloce duttilità del reale, non di assecondare contagiose seminagioni del pessimismo, cioè di strumentali incredulità. La nostra realtà d`oggi, seppure contraddetta dal permanere di vaste sofferenze, è nondimeno il frutto benefico di ciò che ci ha risparmiato il destino di una tragedia simile a quella greca, grazie alla scelta risoluta delle riforme».
Che cosa possono fare gli italiani più disamorati dalla politica?
«Dar seguito a quella raggiunta percezione del pericolo affrontando le nuove prove del riformismo con le garanzie del confronto parlamentare. Cioè, salvo stringenti e inderogabili adempimenti, al di fuori del ‘decreto’ o del ‘voto di fiducia’. L`avvedutezza di un governo che si dichiara aperto agli arricchimenti delle opposizioni può propiziare nuove tonalità, ma soprattutto nuovi effetti nel rapporto tra maggioranza e minoranze, liquidando via via i sospetti di resistenze residuali e di soluzioni compromissorie».
La Rai è davvero riformabile?
«La Rai è riformabile se si accetta l`idea di rífondarla sulla base di un proposito pregiudiziale: quello di rinnovare, aggiornandolo, lo spirito di un autentico servizio pubblico. La cui natura rifiuti l`antica insidia di una politica che ha inflitto al più grande strumento per la crescita civile e culturale del Paese una sorta di pluralismo democratico in realtà trasformato nella somma di tante, evidenti ma indomabili faziosità. Il passo indietro dei partiti dalle intromissioni disseminate negli ambiti e nei ruoli più indebiti dell` ‘occupazione’ deve dar luogo a un sistema di garanzie che tuteli un patrimonio nazionale gestito secondo un trasparente principio di competenza, indipendenza e responsabilità».
Come si superano ingerenze come l`editto bulgaro se le nomine continuano a farle i partiti?
«L`ho appena accennato, una pregiudiziale primaria è quella di eliminare le inframmettenze esercitate attraverso la pratica dello spoil system, cioè dei sistematici affidamenti professionali, i più delicati, decisi dai partiti che prevalgono nei confronti elettorali».
Quanto ha pesato in questi anni, sulla televisione pubblica, che l`ex premier e capo politico del principale partito di centrodestra fosse il proprietario di Mediaset?
«Nel mio esordio alla presidenza della Rai, con la ‘televisione libera’ già sul mercato, dovetti difendere l`idea che dalla competizione si sarebbe avvantaggiata la qualità del prodotto, a condizione che competere volesse dire distinguersi, non uniformarsi al modello della concorrenza. Il servizio pubblico, ovviamente, ci chiedeva di avere un`identità particolare, ma la logica del consenso presto scivolerà nella diffusa indistinzione tra numeri e persone. Vincerà lo share».
Crede che nell`informazione oggi ci siano troppe notizie e poco approfondimento?
«L`Informazione è la forma comunicativa centrale di una Tv pubblica. L`ho ripetuto in Senato: informare significa fornire notizie, comunicare è lasciare dei contenuti. Sono grato ad Amartya Sen, Premio Nobel per l`economia, di aver attribuito all`Informazione il secondo dei massimi poteri espressi oggi, subito dopo quello della Finanza, da questa inquieta e non sempre esemplare modernità. L`Italia deve muovere dal presupposto secondo cui il sistema informativo è quello che esprime la qualità oggettivamente più rappresentativa di una dimensione moderna, democratica, europea».
In tutta Europa soffia il vento del populismo. Se lei facesse ancora televisione, forse ideerebbe un programma dal titolo ‘La Notte dell`Europa’.
«La politica non è una disciplina, men che meno una scienza esatta. La sua natura è di interpretare l`ineluttabile e sempre più veloce duttilità del reale, non di assecondare contagiose seminagioni del pessimismo, cioè di strumentali incredulità. La nostra realtà d`oggi, seppure contraddetta dal permanere di vaste sofferenze, è nondimeno il frutto benefico di ciò che ci ha risparmiato il destino di una tragedia simile a quella greca, grazie alla scelta risoluta delle riforme».
Che cosa possono fare gli italiani più disamorati dalla politica?
«Dar seguito a quella raggiunta percezione del pericolo affrontando le nuove prove del riformismo con le garanzie del confronto parlamentare. Cioè, salvo stringenti e inderogabili adempimenti, al di fuori del ‘decreto’ o del ‘voto di fiducia’. L`avvedutezza di un governo che si dichiara aperto agli arricchimenti delle opposizioni può propiziare nuove tonalità, ma soprattutto nuovi effetti nel rapporto tra maggioranza e minoranze, liquidando via via i sospetti di resistenze residuali e di soluzioni compromissorie».