Bocciato il Porcellum, secondo alcuni si rischia un ‘blocco’ e un caos istituzionale come nella Germania pre-Hitler. Invece una via c’è
Una riforma può rifare un Paese. La Spagna, fino a ieri più debole e spaventata di noi, sta riuscendovi. Ora, anche a casa nostra è venuto il tempo di ridare la parola alla politica.
Perché? Per uscire dalla più intricata delle vicende che hanno accompagnato lo sforzo pressoché ventennale di garantire al Paese una governabilità in grado di interpretare, garantendolo, un interesse di carattere generale. Per risalire dalla voragine della crisi occorreva anzitutto vedersi restituita una credibilità fatta a pezzi, e via via rientrare nel dialogo mondiale attraverso una residua, incerta reputazione, con Napolitano provvidamente deciso a evitare strappi e ridurre smagliature nel protrarsi e talvolta indurirsi della crisi. Nonostante l`impegno meritorio di Monti, il Paese stava inoltrandosi nelle conseguenze accumulate da una legge elettorale nata sotto il nome. esplicito di Porcellum – senza infierire sulla più sgradevole Porcata – oggi ritenuta non del tutto costituzionale.
Occorrerebbe partire da qui, collocando la riforma in testa a tutte le altre, per essere pronti – quando scadrà lo sforzo generoso del governo Letta – a vivere uno scenario che abbia, in sé, la premessa essenziale di una strategia, e quindi di una responsabi- lità, politica. Dovrà emergere, cioè, una soluzione non più straordinaria, ma volta a riconsegnare agli italiani, secondo un principio di piena legittimazione, il diritto di scegliersi il proprio Parlamento.
La filosofia, trecento e più anni prima di Cristo, già affrontava in Grecia il tema del diritto a una conoscenza personale, civica, diretta, dei problemi individuali e collettivi, che non imperniasse le virtù dell`uomo sulla retorica, cioè sull`astrattezza e la suggestione. Quasi cinquecento anni dopo la nascita di Cristo, ci fu un altro salto, di natura spirituale, dei diritti della conoscenza, che dall`Ordine benedettino venne addirittura definita ‘il principio dell`amore’. Sembra una metafora per oggi: secondo un canone di solidale equità andrà vinta una crisi non più solo economica e finanziaria, ma sempre più fondata su nuove categorie della sofferenza – paradossalmente dovuta agli infrenabili, egoistici poteri distribuiti dalla tecnologia – che presto ci chiederà d`essere artefici, insieme, di una inderogabile politica per affrontare un tempo costruito su una più civile ed efficace vicendevolezza tra persona e cittadino, cittadino e lavoro, società e crescita, bisogno e sapere, morale privata ed etica pubblica.

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