André Malraux disse: «Il XXI secolo sarà religioso o non sarà». Basta guardarsi intorno – dove allignano il fanatismo e il terrore – perché torni alla mente una riflessione di Carlo Bo: «Correggerei la sentenza di Malraux. È vero, il mondo esprime sempre più un bisogno di religiosità, ma è un magma di attese, di sguardi, di silenzi, e ho l`impressione che la voce di Dio passi sui nostri cuori e non lasci traccia. Il consenso senza sofferenza che diamo a Dio è solo un altro modo, fra tanti, di non rispondergli». Il mistero, la profezia, e il mondo come luogo anche dell`anima: tutto è richiamato, addolorato, consacrato nel ciclo spirituale che sembra muoversi nonostante le nostre ancora deboli idee. «Occorre – sono parole di Mario Luzi, grande poeta contemporaneo – che la Storia non debba tutto divorare, chiudendo ogni discorso, perché allora saremmo di fronte a un`altra divinità che susciterebbe più orrore di quanto, nelle sue povere e tragiche incongruenze, meriti la vicenda degli uomini». Senza la Storia, pensai, non avremmo neppure Cristo. Dio, dunque, non basta?, azzardai. E Luzi: «Ormai mi porterò fino alla morte l`amarezza di non poter parlare di Dio divinamente! Ma se lo potessi, credo che tutto il mio dire sarebbe un richiamo alla reciprocità delle creature e del creatore, tra la nostra storia e la sua eternità».