Signora Presidente, intanto credo che dobbiamo ricordare tutti che la nostra convivenza democratica si fonda sulla Costituzione e ritengo che essa per tutti in quest’Aula questa debba essere un faro. Io mi attengo, come hanno fatto altri, a uno degli articoli della Costituzione particolarmente significativi per la nostra discussione, cioè l’articolo 3 della Costituzione, ma non leggo la prima parte, bensì la seconda: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana». Eliminare gli ostacoli alla libertà e all’uguaglianza dei cittadini è quindi il nostro compito, il motivo per cui siamo qui oggi.

Far vivere la nostra Costituzione vuol dire adattare le leggi ad una società che cambia, per dare sostanza e pieno valore in particolare ai principi fondamentali dei primi, potenti e bellissimi dieci articoli della Costituzione che, come tutti sappiamo, non possono essere cambiati ma attuati.

Negando la necessità dell’esigenza di un preambolo alla Carta che specificasse quale filosofia l’avesse ispirata, Nilde lotti ebbe a dire: «La Costituzione non può avere ne un’ideologia né una filosofia di parte». Si rivolgeva chi sosteneva che la Costituzione fosse ispirata ai principi del diritto naturale e che, perciò, la filosofia del giusnaturalismo fosse alla sua base. Ricordo a tutti in quest’Aula che la Iotti fu tra le Madri costituenti degli articoli anche sulla famiglia, e già allora si discuteva dei bimbi che non erano previsti nella famiglia cosiddetta naturale. La Costituzione, essa soltanto, ci deve guidare in queste scelte, perché la via che essa indica rappresenta la religione civile su cui si basa la nostra Nazione e traccia con forza il confine tra il campo delle convinzioni personali e la laicità che deve orientare l’intervento del legislatore per aprire spazi di libertà, di dovere e diritti per i cittadini.

Il dibattito di questi giorni è stato segnato da un livello di conflittualità e polemica politica che purtroppo ha offerto molto spazio alle esasperazioni e alle provocazioni, e non abbastanza al buon senso. Qualcuno dice che questo disegno di legge non merita l’attenzione che il Parlamento gli sta dedicando, che ci sono questioni più importanti. Qualcuno dice che si vuole stravolgere l’idea di famiglia, mettere in pericolo le donne, complicare i contesti di crescita dei bambini. Qualcuno dice che stiamo dividendo il Paese e che dovremmo fermarci. Non è così.

Noi stiamo unendo il Paese, eliminando staccati e discriminazioni per farne un Paese più ricco, più giusto e più inclusivo, in cui ci siano più uguaglianza, più responsabilità e più diritti. Noi stiamo valorizzando la famiglia, tanto che, oltre a destinarle risorse finora sconosciute, vogliamo che sia possibile averne una per tutti coloro che si amano. Noi vogliamo tutelare e difendere i minori, ed ogni considerazione fatta, come ogni singola lettera del testo di legge, va in quella direzione.

Voglio essere chiara su un punto. Noi vogliamo dare a ogni bambino una famiglia, non a ogni famiglia un bambino. Questo è il punto vero. (Applausi dal Gruppo PD e della senatrice Taverna). Noi, insomma, vogliamo un Paese migliore e più giusto e una legge che riconosca e dia dignità a tutte le persone. Lasciare tutto come è oggi vuol dire accettare disuguaglianze e ingiustizie motivate solo dall’orientamento sessuale e vuol dire lasciare il nostro Paese come fanalino di coda in Europa, vittima di richiami continui delle corti e dei tribunali, vuol dire per la politica rinunciare ancora una volta al proprio ruolo. Il punto non è costruire attraverso le leggi una realtà diversa, ma farne di nuove per riconoscere quello che si muove nella società, per dare vita e continuità ai valori della nostra Carta. Se tutti i cittadini sono uguali, come dice la Costituzione, perché ad alcuni è negato il riconoscimento del legame affettivo e familiare che hanno con un’altra persona? Se tutti i bambini sono uguali perché alcuni hanno meno tutele di altri e sono condannati a vivere nella discriminazione? Se in tutta Europa questi diritti sono riconosciuti, perché non è lo stesso per le coppie omosessuali italiane e per i loro figli, figli di italiani? Perché, purtroppo, per troppo tempo la politica ha avuto paura di confrontarsi con il cambiamento, paura di riconoscerlo! Ha preferito negarlo, come se non esistesse, tollerando discriminazioni ingiuste e sofferenze ingiustificate. Ecco perché per noi questa è un’urgenza: lo è da trent’anni almeno, dalla prima presentazione di una legge che riconoscesse le unioni omosessuali in queste Aule.

Per noi la libertà e l’uguaglianza dei cittadini sono un’urgenza, come i diritti dei bambini, la tutela delle minoranze, la qualità della vita delle persone. Ma non vedete che i nostri figli, i nipoti ci guardano straniti mentre discutiamo di cose per loro già chiare? Loro già sanno che l’amore è uguale sempre e per loro è normale che abbia le stesse tutele, sempre. Guardate fuori da queste finestre, ascoltate le voci delle ragazze e dei ragazzi che sono qui sotto con i loro sorrisi, le bandiere colorate, i loro cartelli. Sono lì a portare il testimone della lotta per i diritti e l’uguaglianza, a chiedere di essere come tutti, di non essere condannati dallo Stato ad avere meno tutele di altri per via del loro orientamento sessuale. Cosa rispondiamo a chi fino ad oggi è stato discriminato oltre che nella società anche dalla legge? Frughiamo tutti insieme nelle coscienze; guardate quei ragazzi, andateci a parlare, ascoltateli: non credo che troverete più il coraggio – per chi non è d’accordo – di chiudere loro ancora una volta la porta in faccia. Dobbiamo andare tutti oltre l’egoismo che vorrebbe proiettare sulla società le nostre convinzioni personali e saperla guardare con umanità e empatia. Noi dobbiamo saperla ascoltare. Provate a farvi aiutare dagli occhi dei più giovani o a pensare cosa vorreste se vostro figlio o vostro nipote fosse omosessuale: uno Stato suo nemico o uno che non lo discrimini e ne permetta una vita serena e felice? Credo che non ci siano due riposte a questa domanda. C’è chi vuole continuare a dividere la società lasciando che alcuni diritti restino privilegi. Sì, a questo punto, se non sono di tutti, sono privilegi. Noi, no. Noi vogliamo che siano per tutti e lo vogliamo con la stessa forza per gli adulti e per i bambini, verso i quali la nostra responsabilità e attenzione sono ancora più forti.

Vorrei leggervi le parole di Marilena, una madre arcobaleno: «Oggi dovete essere consapevoli di una cosa: se votate sì, non state cambiando la storia di questo Paese; è già cambiata. Se votate sì, non state modificando la famiglia, si è già evoluta.

Io sarò una donna felice – dice Marilena – solamente quando sarò inchiodata ai miei doveri di madre nei confronti di tutti i miei figli, di quello che ho partorito con la pancia, come di quelli che ho partorito con il cuore. Sono figli miei in maniera identica. In maniera identica li amo; li porto a scuola; li accudisco ogni giorno, li aiuto a studiare, li coccolo se hanno la febbre… Sono la loro mamma senza “se” e senza “ma”. Vogliamo potere accudire i nostri figli senza ansia, poter stare al fianco del loro letto di ospedale se ci dovesse essere necessità, poter autorizzare una gita scolastica, poterli andare a prendere a scuola senza bisogno di una delega umiliante. Vogliamo che possano ereditare dai nostri genitori se dovesse succederci qualcosa. Vogliamo, insomma, quello che vuole ogni genitore: che i nostri bambini siano sereni e tutelati – come tutti gli altri.

Questi bambini non sono ideologie, tesi o strategie politiche: sono bimbi veri, in carne ed ossa, con due gambe, due braccia, una mente e un cuore. Flavio, Bea, Alessandro, Lia e tanti altri sono già oggi tra noi, quello che dovete decidere è se domani saranno cittadini di questo Paese come tutti gli altri.

Noi – dice sempre lei – siamo fiduciosi, fiduciosi che questo Parlamento faccia quello che deve: il primo passo verso la piena uguaglianza, il primo passo verso la civiltà».

Colleghe e colleghi, sono fiduciosa anche io, perché riconosco in questo Parlamento una forza rinnovatrice forte, a partire da tutte le donne presenti. E non è un caso che la maggioranza delle donne presenti in questo Senato siano a favore di questo disegno di legge, perché hanno un’umanità differente da una parte diversa del genere umano. (Applausi dai Gruppi PD e M5S).

Ne sono orgogliosa, come sono orgogliosa di poter votare finalmente il disegno di legge. Poche righe, che cambieranno la vita di molti.

Vedete, colleghe e colleghi, votare questa legge non sarà la vittoria di una minoranza, ma del Paese tutto, perché regalerebbe felicità e serenità a tanti, senza toglierne a nessuno. Io credo che questa è la cosa più bella che può capitare avendo l’onore di stare in questa Aula. (Applausi dal Gruppo PD).

Infine, due riflessioni: una riguarda la lotta seria sull’indipendenza, sull’autonomia e sulla libertà delle donne contro quello che viene chiamato l’utero in affitto. Ricordo a chi ne parla in quest’Aula che quello che è successo a Parigi parte in una realtà in cui c’è il matrimonio e l’adozione piena e il rispetto delle differenze. Questo bisogna saperlo, perché altrimenti si fa cattiva informazione.

In secondo luogo voglio rivolgermi alla senatrice Cirinnà, ringraziandola di essere presente in Aula. Io ti chiedo scusa per tutte le parole cattive personali; personali, non politiche: la dialettica politica e anche la forza politica della nostra discussione è sana, è legittima, è democratica ed è bello avere anche opinioni differenti. Quello che non è accettabile è aver ascoltato – e spero che non succeda più nei prossimi giorni – un linguaggio (guarda caso viene prevalentemente da senatori maschi), dentro e fuori quest’Aula (mi riferisco anche al direttore di Radio Maria) che insulta esattamente la persona Cirinnà. Perché? Perché è una donna. Se il primo firmatario del disegno di legge fosse stato un uomo non se lo sarebbero permesso, avrebbero fatto una battaglia politica dura, in modo molto forte dal punto di vista dei contenuti, ma non ci sarebbe stato il disprezzo della persona. Ti chiedo scusa per loro. (Applausi dai Gruppi PD, M5S e Misto-AEcT. Molte congratulazioni).


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