Alessandro Alfieri è il primo a riconoscere che, con ogni probabilità, l`elezione di Elly Schlein alla guida del Pd non causerà sconquassi nella collocazione internazionale del Partito democratico. Quale ragione ci sarebbe per mettere a soqquadro la linea Letta a proposito del sostegno al popolo ucraino? E però è lo stesso senatore lombardo, coordinatore della campagna elettorale di Stefano Bonaccini, a riconoscere che, almeno quando gli capita di ascoltare il richiamo pacifista fatto da alcuni colleghi democratici, “non vorrei che passasse un messaggio ambiguo, che indebolisse la compattezza del fronte europeo. In questo caso è in ballo la nostra credibilità come partito con cultura di governo di fronte ai paesi alleati”. Più nello specifico significa “continuare a essere chiari nel sostegno al popolo ucraino. E allo stesso tempo spingere il governo a costruire le condizioni in ambito Ue per una nuova iniziativa diplomatica finalizzata al cessate il fuoco. Iniziativa che può essere presa se il Pd sia in Italia sia nelle sedi europee mantiene una posizione coerente e compatta. Non può essere percepita a livello internazionale come una rottura rispetto alla posizione assunta fino a ora”. La questione è più che altro identitaria, perché per ora non è previsto un nuovo invio di armi da parte dell`Italia. Come riconosce Alfieri, “Schlein ha intercettato una voglia di discontinuità radicale, soprattutto per quel che riguarda la necessità di una nuova classe dirigente”. Forse che quella discontinuità passa anche da toni diversi, meno euroatlantici, sulla difesa dell`Ucraina? Non a caso martedì Francesco Boccia, il deus ex machina della campagna della ex vicepresidente dell`Emilia-Romagna, ha parlato di “sudditanza psicologica allo strapotere degli Stati Uniti nella Nato”. “Io credo-riflette Alfieri – che non ci sia alcuna sudditanza. Se vuoi riaffermare il nostro essere convintamente pro Europa non hai bisogno di prendere le distanze dagli alleati americani. Semmai il nostro obiettivo deve essere proprio quello di muoverci coerentemente con il nostro storico equilibrio euroatlantico. Anzi, su questo abbiamo gioco facile nell`accusare il governo Meloni. Dobbiamo scongiurare che il nostro Paese segua il modello polacco: affidarsi completamente agli Stati Uniti per la propria sicurezza e mani libere in Europa”. A proposito di
scelte di rottura, già si parla di assegnare il ruolo di responsabile Esteri del Pd a una figura come quella di Arturo Scotto, appena rientrato nel Pd da Articolo Uno dopo aver votato per mesi contro l`invio delle armi all`Ucraina. Non sarebbe un segnale preoccupante trasmesso alle cancellerie straniere? “Non ho motivo di pensare che Schlein, anche per la sua esperienza nelle istituzioni comunitarie, possa ritrattare l`impegno del Pd e della sua famiglia di appartenenza, ovvero i socialisti e i democratici europei”. dice il senatore al Foglio. “In ogni caso qualsiasi mutamento di linea, qualora ci fosse, dovrà essere discusso come abbiamo sempre fatto negli organismi competenti”. Il 22 marzo la premier Meloni sarà in Aula prima del Consiglio europeo. Cosa vi aspettate da Schlein? E qui Alfieri dice che “sarà l`occasione per incalzare questo governo a essere protagonista in Europa”. Ma anche il modo per dimostrare di “muoversi nel solco e nella tradizione del Pd, che ha una credibilità internazionale e dei principi chiari da cui non vuole abdicare”. Sabato Schlein sarà a Firenze alla manifestazione antifascista indetta dai sindacati. Ci sarà anche Giuseppe Conte. Non c`è il timore di schiacciarsi troppo sulle posizioni grilline? “Ma io credo che sia i 5s sia il Terzo polo siano nostri competitor”, analizza Alfieri in conclusione. “Dopo le primarie dobbiamo prenderci del tempo per investire sul nostro profilo programmatico. E` nel confronto e nel lavoro fianco a fianco con le opposizioni che si possono eventualmente delineare percorsi comuni”. Chiarendo a tutti che sull`Ucraina cedimenti non ce ne saranno. Perché “se diamo l`idea di assecondare una certa equidistanza, almeno a livello di percezione, rischiamo di indebolire la nostra posizione in Europa. La credibilità nelle sedi internazionali vale più delle singole scelte politiche”.


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