«Il radicale mutamento impresso da Trump nelle relazioni con Nato ed Europa è così drammatico che implica una risposta all`altezza della sfida non solo da parte del Pd, ma di tutto il Paese». Perciò Alessandro Alfieri, coordinatore di Energia popolare, si dichiara impegnato «fino all`ultimo per una posizione condivisa» di tutto il Pd. La cui segretaria Elly Schlein ha espresso le maggiori critiche tra i partiti di S&D sul piano di ReArm Europe. Scetticismo poco in sintonia coi vertici di Bruxelles e lo stesso Quirinale, altresì condiviso da larga parte della base dem e gli alleati 5 Stelle e Avs.
Senatore Alfieri, il Pd rischia di dividersi sul piano di riarmo europeo?
«Siamo tutti impegnati fino all`ultimo per una posizione condivisa. Serve la massima responsabilità: ci troviamo di fronte a un tornante della Storia dove non ci possiamo permettere divisioni come Paese e a maggior ragione come partito».
La bocciatura da parte della segretaria è stata esplicita…
«È essenziale spiegare perché il tema della sicurezza è intimamente legato a quello della pace. Non c`è pace duratura senza le necessarie garanzie di sicurezza e di protezione della nostra Europa. Oggi, mentre Trump modifica radicalmente i rapporti con l`Ue e dentro la Nato, è inevitabile che l`Europa si faccia carico della propria sicurezza che finora è stata garantita dall`ombrello Usa. Perciò sono fondamentali gli investimenti in difesa».
Ma con quale credibilità senza una politica estera comune?
«Sono collegate. Va superata la logica dell`unanimità, ma a 27 è complicato. Serve un`iniziativa dei Paesi fondatori che, condividendo un`agenda per rispondere alle minacce e alle sfide del nuovo scenario internazionale, costruisca il nucleo iniziale della difesa e perciò anche della politica estera e di sicurezza comuni. Questo si può fare anche agendo fuori trattato, come accadde per euro e Schengen. Se non ora quando?».
L`inversione del rigore frugale di Paesi come la Germania non sarebbe più proficuo investirla in progresso tecnologico e spesa sociale?
«I Paesi rivolti a Est avvertono di più la minaccia della Russia, che continua ad attaccare infrastrutture e civili. D`altronde investire in difesa oggi significa anzitutto colmare il gap tecnologico con gli Usa: siamo in ritardo sui satelliti, sullo scudo missilistico europeo, contrasto alle cyber-minacce, sicurezza dei cavi marini, dove passa oltre il 90% dei dati. La transizione ecologica e digitale è intimamente legata agli investimenti in difesa. Significa che il piano vada tutto bene? No. Ci sono problemi e li abbiamo evidenziati. Occorrono maggiore integrazione tra le difese europee e strumenti che incentivino interazione dei sistemi, collaborazioni industriali fra Paesi e acquisti e programmi in ambito comunitario».
Ciò non rischia di spingere verso l`evocato conflitto armato con la Russia?
«Noi ci battiamo perché in tutte le risoluzioni ci siano forti riferimenti alla diplomazia per la pace. Che si realizza con la deterrenza e insieme con la politica. E, siccome il linguaggio ha il suo peso, spostare l`attenzione sulla protezione piuttosto che sul riarmo aiuterebbe la prospettiva politica della pace».
Ci sono rischi per le alleanze alle regionali con M5s e Avs?
«Siamo sempre stati bravi a tenere distinte le vicende locali da quelle nazionali. È evidente che prima o poi serviranno punti di sintesi. Un passo per volta».
E se, in caso di intervento militare, la Lega rompesse col governo?
«Non siamo a questo scenario. Ma in una fase in cui bisogna che il Paese e il nostro partito siano all`altezza della sfida. Perché, per citare Robert Schuman, “la pace non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi proporzionali ai pericoli che la minacciano”».