«Un referendum sul Jobs act rischia di riaprire ferite del passato. Fin dall`inizio ho dichiarato che non l`avrei sostenuto». Alessandro Alfieri, senatore lombardo del Pd, sponda Energia popolare, non festeggia il via libera al quesito promosso dalla Cgil sostenuto da gran parte dei dirigenti del suo partito.
Senatore, per il referendum ha firmato anche Elly Schlein. E adesso?
«La segretaria ha sostenuto che non era in Parlamento quando è stata approvata quella legge. Rispetto la sua scelta. Mi limito a sottolineare che allora praticamente tutta la dirigenza del Pd votò il Jobs act. Tra loro, anche molti dei principali sostenitori di Elly al congresso: da Bersani a Orlando, da Speranza a Braga».
Una contraddizione?
«Non dico questo. Ma mi pare si vogliano riportare le lancette indietro. Il Jobs act conteneva tanti aspetti innovativi, alcuni che non hanno funzionato, altri che non sono stati attuati. C’erano otto deleghe, con interventi meritori contro le dimissioni in bianco, sull`estensione dei congedi parentali, sulla riforma degli ammortizzatori sociali. Utilizzare il bazooka dove basta un bisturi è sempre un errore».
ll Pd, però, rispetto alla stagione della segreteria Renzi, ha cambiato linea e lo rivendica.
«Va bene, ma abbiamo bisogno, oggi, di mettere in evidenza le tantissime battaglie che ci uniscono, non quelle che ci dividono».
Un ulteriore terreno di scontro dentro il Pd, tra la maggioranza massimalista e l`opposizione riformista?
«Non esageriamo. Penso sia positivo che ci siano più luoghi di confronto e discussione, anche perché è un dato di fatto che nella segreteria nazionale io sia l`unico proveniente dall`esperienza della Margherita. Il Pd funziona se plurale e portatore di una cultura di governo».
Sono le istanze emerse dalle due iniziative centriste dello scorso weekend a Milano e Orvieto. Le condivide?
«Le due iniziative sono accomunate dalla necessità di avere dei luoghi di confronto su argomenti delicati e anche che dividono la nostra comunità. Grandi temi come l`autonomia strategica dell`Europa, la difesa comune, la domanda di protezione e sicurezza, il governo della transizione ecologica e digitale. Il confronto è il tratto tipico del Pd: non si può averne paura, l`ascolto non è una debolezza».
Una battaglia sulla quale tutto il Pd e anche le opposizioni sono uniti è quella contro l`Autonomia. Ma la Con sulla ha bocciato il quesito.
«La decisione della Consulta è la naturale conseguenza della sentenza della stessa Corte che a dicembre 2024 ha di fatto demolito la legge sull`Autonomia differenziata del centrodestra. Anche se non si farà il referendum, la battaglia contro una pessima legge, che aumenterebbe ancora di più le disuguaglianze territoriali e sociali, va portata avanti».
Non chiamando gli italiani al voto però…
«La faremo in Parlamento con ancora più determinazione. Per evitare le forzature della destra e bloccare le intese avviate con le regioni del Nord. Senza che si stabiliscano correttamente i livelli essenziali delle prestazioni e si riconosca il principio di sussidiarietà, l`autonomia disgrega l`unità nazionale e la coesione sociale. Noi siamo per un regionalismo cooperativo».