Senatore Alessandro Alfieri, responsabile Riforme del Pd, com’è andato il faccia a faccia fra Schlein e Meloni?
“È stato un confronto cordiale e franco allo stesso tempo. Abbiamo detto molto chiaramente quali sono i nostri paletti, cioè no all’elezione diretta del presidente della Repubblica e del premier. Così come abbiamo rimarcato che la priorità assoluta in questo momento sono la lotta al precariato, il sostegno ai salari, le politiche per la casa”.

Sulle riforme la ricetta del Pd è il cancellierato tedesco?
“Ci sono modelli in Europa, quello tedesco ma anche quello spagnolo, che non hanno l’elezione diretta, ma garantiscono comunque stabilità, senza mortificare il Parlamento e comprimere i poteri del presidente della Repubblica. Per noi questo è l’aspetto essenziale: in una forma di governo parlamentare, la figura di garante della Costituzione e della coesione nazionale che in questi anni ha accompagnato le fasi più delicate della vita repubblicana è irrinunciabile. Non solo per noi, aggiungo, ma per la qualità e la tenuta della democrazia italiana. Un arbitro serve: lo abbiamo visto anche in democrazie mature. L’assalto a Capitol Hill ha rappresentato una faglia traumatica per la società americana, esposta ad una polarizzazione eccessiva senza una figura terza in cui si potesse riconoscere la maggior parte dei cittadini”.

Se la destra tirasse dritto, come promette Meloni, il Pd sarebbe pronto a una campagna sul no al referendum?
“È legittimo da parte sua andare avanti, ma sulle regole del gioco speriamo davvero che non ci siano forzature. Se scoprissimo che questo è solo un tentativo di coprire le tante difficoltà del governo su altri fronti, noi ne prenderemo atto e difenderemo la Costituzione con tutti gli strumenti democratici a disposizione, ivi compreso il referendum”.

La Bicamerale proposta da Conte ha senso, in questo clima?
“In verità con Meloni non ne abbiamo parlato. Credo sia corretto che il governo indichi lo strumento per dialogare”.

Ma al Pd va bene la Bicamerale?
“È evidente che la strada maestra, per noi, è l’articolo 138 della Costituzione, quindi le doppie letture in entrambe le Camere”.

Vede spaccature nella Lega sul premierato?
“Sì, ci sono differenze nel loro campo. Motivo per cui, con la fermezza e i paletti che abbiamo posto, è giusto per noi andare a verificare la compattezza della maggioranza o, come noi pensiamo, le divisioni”.

Schlein dice: intanto cambiamo la legge elettorale. Via listini bloccati, come?
“Dipenderà dal sistema elettorale. Il tema è ripristinare il rapporto eletto-elettori. Con gli uninominali, se sono collegi ridotti. O col ritorno delle preferenze. C’è un dibattito anche al nostro interno, ma siamo tutti d’accordo nel ridare potere di scelta ai cittadini”.

Avete proposto una riforma dei partiti. Che significa?
“La qualità di una democrazia e la sua efficacia dipendono dalla solidità delle istituzioni, ma anche da partiti sani, con regole trasparenti sui bilanci e sulla selezione della propria classe dirigente. Meloni ci ha detto che è sensibile all’argomento. Bene, noi abbiamo già una proposta in Senato da cui partire”.

Il Pd per dialogare chiede una moratoria sull’autonomia. La premier che vi ha risposto?
“È stata evasiva. Se davvero vogliono dialogare sulle riforme, si fermino sull’autonomia differenziata. Non si possono aumentare i divari fra Nord e Sud con una riforma a colpi di maggioranza senza il coinvolgimento delle autonomie locali”.

Ci sarà un coordinamento delle opposizioni?
“Sarà il lavoro in Aula a dimostrarlo. È giusto che la segretaria Schlein si faccia carico di capire in che direzione vogliano andare gli altri leader che stanno all’opposizione”.


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