«Matteo Renzi ha fatto delle aperture e mi sembrerebbe sciocco e sbagliato non verificarle. La minoranza del Pd non storca il naso e partecipi alla Commissione con convinzione».
Vannino Chiti è un esponente della minoranza del Pd. È uno dei 24 senatori che non votarono I`Italicum. Ma è anche il firmatario, assieme a Federico Fornaro, di un disegno di legge che introduce l`elezione diretta dei senatori e che è stato nominato da Renzi come il testo base da cui si ripartirà dopo il voto al referendum del 4 dicembre. Sui dubbi avanzati da Antonio Polito sul Corriere, a proposito del Senato e delle modalità di scelta, ha risposto ieri il ministro Graziano Delrio.
Chiti, il sì alla riforma è sempre più legato all`Italicum e alle modalità di scelta dei senatori.
«All`inizio, con altri 14, non votammo la riforma. Ma poi riuscimmo a costruire l`unità del partito su 4 punti. I primi
due erano che capo dello Stato e giudici costituzionali non fossero prerogativa della maggioranza. Ed è stato ottenuto».
Come?
«Per essere eletto, il capo dello Stato dovrà sempre avere i 3/5 degli aventi diritto e, dalle settima votazione, dei votanti.
Per i giudici della Consulta, la Camera ne eleggerà 3, il Senato 2».
Il terzo?
«Il referendum. È stato introdotto il propositivo. E si è creato un doppio sistema: 500 mila firme necessarie e quorum del 5o per cento più uno del corpo elettorale. Oppure, minimo di 80o mila firme ma quorum più basso, ovvero la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni».
Il quarto è la scelta dei senatori da parte dei cittadini.
«Esatto. Al comma 5 dell`articolo 2 abbiamo inserito il fatto che i consiglieri regionalisenatori sono designati “in conformità” con le scelte fatte dai cittadini alle regionali».
Formulazione ambigua.
«No, per scegliere, i cittadini devono votare. Ed ecco la proposta: due schede, una per votare i consiglieri regionali e una per votare, tra i consiglieri, quelli che si candidano a senatori. Con metodo proporzionale, visto che il Senato non dà più la fiducia. Renzi ha citato questo testo come il punto di partenza e dunque per me questo è il testo del Pd».
C`è chi dubita e chiede che si vari prima del referendum.
«Non si può. Il presidente del Senato, e ha ragione, dice che finché non c`è la riforma, e quindi il sì al referendum, non può iniziare l`iter».
E dunque: chi ci dice che sarà varata questa norma?
«Se si trova l`intesa nel Pd, la commissione può portare la proposta alla direzione e farla approvare dai gruppi. Non sarebbe
una strizzatina d`occhi, ma un impegno robusto».
Ma non basta il Pd.
«A chi conviene dire no? I cittadini vogliono scegliere i senatori direttamente».
Si può litigare sui dettagli e bloccarsi. In quel caso la norma transitoria continuerà a valere: e i senatori li eleggeranno i consigli regionali.
«No, voglio vederli i partiti a dire no. L`unico dibattito può esserci tra scegliere le preferenze o i collegi. Io sono fortissimamente per i collegi».
D`Alema non ha apprezzato le aperture.
«È legittimo, ma sbaglia se dice che non c`è coerenza: il programma dell`Ulivo del `96 si muoveva su questa linea».
Anche il resto della minoranza resta critica.

«Sull`Italicum anch`io ho riserve. Ma quando votammo la riforma costituzionale, e io lo feci con convinzione, la legge elettorale era già stata approvata. Perché allora non fu posto il problema?».
C`è un atteggiamento pregiudiziale della minoranza verso Renzi?
«In questi anni si sono consumati rapporti personali, che ora vanno ricostruiti. Ma Renzi ha aperto sulla nostra proposta, sui capilista bloccati, sulle pluricandidature e anche sul ballottaggio. Su quest`ultimo, propongo di far partecipare al ballottaggio chi ha superato il 15 o il 18 per cento. Sarebbe un grave errore non crederci e non provarci fino in fondo».


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