Siamo sicuri che lo scopo unico di Lega e M5s sia prendere voti alle elezioni, con un sostanziale disinteresse alla tenuta delle compatibilità economiche, con giudizi di sufficienza riguardo ogni previsione, quasi ignorando il fardello con cui viene caricato il futuro del nostro Paese? Sembrerebbe di sì a guardare il modo con il quale la decretazione del Governo squaderna provvedimenti bandiera, senza neppure immaginare una gradualità: tutto e subito!
Sicuramente c’è una ragione che risponde alla logica connessa con la prima applicazione nella storia della Repubblica, di un contratto di Governo. Sia la Lega che i Cinquestelle (in particolare la Lega) hanno affrontato la scrittura del contratto mettendo sul tavolo richieste sovrastimate, pensando di doverle ridimensionare in una ovvia dinamica di compromesso, dove si chiede 100 per incassare ora 80, ora 50. Invece entrambi sono precipitati nella logica dello scambio acritico, che a fronte della prospettiva di ottenere il 100 ha saltato la discussione e la valutazione congiunta della intensità e delle compatibilità delle varie misure, concedendosi reciprocamente il massimo. Per capirci, mai la Lega avrebbe ottenuto i provvedimenti che sta portando avanti per la propria parte di contratto, se fosse stata al governo con il centrodestra, perché le logiche di coalizione, lì, sono più strutturate: non è un caso se qualche volta Salvini si è lasciato andare ad un confronto sui tempi di decisione che ottiene con i Cinquestelle e quelli a cui è sottoposto nel centrodestra, per esempio nel decidere un candidato sindaco.
Ma l’apparente mancanza di una logica differente da quella sottesa alla mietitura elettorale, non può rappresentare la semplice soluzione al quesito. Ci deve essere un disegno, forse più rischiosamente una scommessa, che rappresenti una prospettiva, forse solo una possibilità, per dare uno sbocco a tutti questi decreti che a tanti paiono dei provvedimenti bandiera, nei casi non vi sia sostanza, o provvedimenti insostenibili nei casi in cui richiedano ingenti risorse.
Una ipotesi può essere che nei pensieri di Lega e Cinquestelle alberghi la convinzione che si può scommettere che vi sarà una “sterzata” in Europa. Tra visioni che mostrano di non funzionare più e crescenti difficoltà a determinare scelte condivise tra gli stati europei, i prevedibili movimenti elettorali massicci (la chiamano volatilità dell’elettorato) delle prossime elezioni europee potrebbero portare ad una “sterzata” che determinerà una veloce ridiscussione di una serie di aspetti. Una presa d’atto di una combinazione di cose che porterebbe a mutare il senso dei trattati, facendolo virare verso una sorta di Contratto di Governo Europeo, dove anziché l’individuazione di obiettivi comuni, risalterebbero in modo marcato gli obiettivi di ciascuna nazione, con tutti i rischi che stiamo vivendo sulla nostra pelle in Italia, ma che potrebbe trovare una strada concreta. Ovviamente a seconda di chi governa in ciascun Paese e delle istanze di cui sono portatrici le forze politiche che ispirano ciascun governo, si moduleranno gli ambiti di interesse e nasceranno i punti del Contratto.
Proviamo a fare un solo esempio. Mi pare che Francia e Germania, senza dichiararlo esplicitamente, stiano da tempo ridiscutendo le regole del mercato interno, sottomettendole alle esigenze della capacità competitiva dell’Europa sui mercati globali: ovviamente sono loro che hanno le grandi imprese industriali la cui concentrazione è decisiva molto di più sul piano del confronto con cinesi e americani che sul piano della concorrenza interna. Il caso di questi giorni di Alstom e Siemens, mostra a mio avviso una certa miopia dei regolatori europei che a fronte di una possibile concentrazione dell’80% delle quote di mercato interno, si pongono il problema di mantenere le condizioni di concorrenza per il restante 20% nel settore dei treni super veloci, anziché forse immaginare percorsi di recupero di quel 20% in una logica di ulteriore rafforzamento della competitività che porta ovviamente a prospettare investimenti e posti di lavoro.
Tra l’altro, pare essere uno scenario molto omogeneo con il quadro Globale, dove Trump, Putin e Xi Jinping, impongono ritmi che l’Europa non sa reggere se vengono ulteriormente rarefatti i vincoli delle politiche mondiali.
Ora, in questa “sterzata” generale, quali priorità si possono ipotizzare dal governo Giallo-Verde? Ovviamente tutto ciò che dia chance di sostegno, a quanto di insostenibile stanno facendo, quindi una piega fortemente sociale, assistenzialista e securitaria. Non sfuggirebbero ad alcuno, specialmente tra le categorie produttive e geograficamente al nord in modo particolare, i molti aspetti inadeguati e parziali di una simile ipotesi. Qui può esistere nel pensiero della Lega un correttivo interno: il regionalismo differenziato. Che al Nord riserverebbe alle regioni più avanzate le risorse per poter realizzare per esempio, la TAV, non come scelta “nazionale” ma come scelta “regionale”.
Insomma un Paese molto frammentato ma saldamente governato, in una Europa che non guida ma asseconda. Tralascio le riflessioni sul ruolo marginale a cui sarebbe relegata l’Italia: un Paese dove si mangia bene… Se così fosse sarebbe una grande e rischiosa scommessa che metterebbe l’Italia sulla strada del declino.


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