Ciò che sta accadendo dopo il fallimento della Silicon Valley Bank e con la vicenda della Deutsche Bank, crollata in Borsa, “richiama ciò che è accaduto prima della crisi del 2008-2009, nel contesto di un sistema finanziario non particolarmente solido. Non c’è dubbio che le banche europee siano molto più capitalizzate di quelle del 2008-2009 e abbiano anche maggiore liquidità e se io dovessi rispondere ‘si’ o ‘no’ alla domanda ‘ci sarà o no una crisi come quella del 2008-2009?”, direi no. Se però dovessi dare una valutazione di rischio, direi che il rischio c’è ed è ancora un po’ troppo alto”. Così l’economista Carlo Cottarelli, intervistato dall’Adnkronos. “Quando aumentano i tassi di interesse -spiega Cottarelli- c’è sempre qualcuno che ci va di mezzo, com’è accaduto nel caso della crisi del 2008-2009. Oggi stiamo assistendo più o meno alla stessa cosa, si tratta di forme di contagio che avvengono nel contesto di un sistema finanziario e bancario che, non c’è dubbio, oggi è più forte e robusto del 2008, anche se a me sarebbe piaciuto fosse più solido ancora. Perché dal 2008, malgrado ci siano stati dei miglioramenti, degli elementi di fragilità, nel sistema, purtroppo sono rimasti”. Oggi, “il rapporto tra debito, pubblico e privato, e Pil a livello mondiale è ai massimi storici; certamente, se i tassi di interesse sono bassi, il debito si sostiene più facilmente. Però il sistema è molto più complicato di come era, ad esempio, 50 anni fa. Prima della liberalizzazione degli anni ’80 c’erano molti meno tipi di contratto, si è aperto il sistema dei derivati ed è arrivata l’ingegneria finanziaria, mentre prima degli anni 80 c’era la separazione tra banche di deposito e banche di investimento, che poi è stata eliminata”.
Nel frattempo, ricorda l’economista, “si è provato ad introdurre una separazione con la cosiddetta ‘Volcker Rule’, (dal nome del capo della Federal Reserve che portò avanti una battaglia contro l’inflazione proponendo la separazione del trading proprietario delle banche, che ha carattere più speculativo, dall’attività bancaria ordinaria, ndr), una misura fortemente diluita da Trump e che in Europa non è stata mai introdotta, tranne che nel Regno Unito”. “L’approccio, quindi, è rimasto fondamentalmente lo stesso; cioè ‘tu, banca, puoi fare quello che vuoi purché tu sia sufficientemente protetta in termini di capitale e in termini di liquidità’. Un approccio più classico sarebbe stato ‘tu, se ti vuoi chiamare banca, certe cose non le devi proprio fare’. Certo -osserva l’economista- non c’è dubbio che le banche europee siano molto più capitalizzate di quelle del 2008-2009 e abbiano anche maggiore liquidità, ma se io dovessi rispondere ‘si’ o ‘no’ alla domanda ‘ci sarà o no una crisi come quella del 2008-2009?”, io direi di no. Se però dovessi dare una valutazione di rischio, direi che il rischio c’è ed è ancora un po’ troppo alto”. Detto ciò, “non significa che chi è a capo delle banche centrali non sia capace di governare, né che non abbia imparato nulla dall’esperienza del 2008”. I fatti del 2008-2009 “hanno dimostrato che serviva più cautela, ma non hanno cambiato la filosofia. E’ come se un genitore vede salire il figlio su un albero e il figlio cade e si fa male; il genitore può dire: ‘Tu sull’albero non ci sali più’ oppure: ‘Sull’albero puoi ancora salire purché tu sia sufficientemente protetto’. E quest’ultima soluzione è esattamente ciò che è avvenuto; non significa non aver imparato la lezione, ma averla imparata senza però arrivare a dire che sull’albero non si sale più”.
“Le protezioni -avverte Cottarelli- sono state fatte, ad esempio, aumentando la quantità di capitale che una banca deve avere per poter prestare o anche aumentando la quantità di liquidità che una banca deve tenere per poter operare. Tradotto: il bambino è risalito sull’albero molto più protetto di quanto non lo fosse in precedenza, ma non gli si è impedito di riprovare a salire”.”. Morale, “ciò che è stato fatto non è sbagliato; semmai, l’unica accusa che si può fare alla banca centrale europea e alla banca centrale americana, oltre alle altre banche centrali, è quella di non aver cominciato prima ad aumentare i tassi di interesse, perché questo avrebbe consentito di avere aumenti più graduali. Il livello dei tassi di interesse, cioè, oggi è del tutto giustificato, considerando il livello dell’inflazione; inizialmente, forse per paura di impedire la ripresa economica dopo il Covid, o perché si pensava che il problema dell’inflazione non c’era o che comunque sarebbe sparito da solo, non è stato previsto un aumento dei prezzi così forte come poi è avvenuto. Dunque è stato fatto un errore di valutazione, ma nel 2021”. Del resto, conclude, “oggettivamente, una crisi economica come quella del Covid non si era mai vista ed è anche vero che capire che cosa bisognava fare dopo una crisi di quelle dimensioni era davvero molto difficile. Con il senno del poi siamo tutti bravi, ma all’epoca anche io qualche avevo mostrato qualche perplessità sul fatto che l’inflazione era stata sottovalutata, ma dire che chi non sa prevedere non sa governare mi sembra francamente senza senso”.


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