«Da medico so bene cosa significa morire asfissiati, quello che comporta. Il pensiero di quelle persone sole e del dolore dei parenti mi ha accompagnato in questi 18 mesi».
Andrea Crisanti vuole metterlo subito in chiaro: «La mia perizia per la Procura di Bergamo non è un atto di accusa, a quello ci penseranno i giudici. Si tratta di una risposta tecnica che mai prima d`ora era stata tentata e realizzata per una pandemia».
Una novantina di pagine con circa io mila pagine di allegati a cura del microbiologo all`Università di Padova e ora senatore del Pd (con l`aiuto di altri esperti), che ha firmato la maxi consulenza depositata ai pm di Bergamo nell`indagine sulla gestione del Covid nella Bergamasca e della mancata zona rossa che vede tra gli indagati l`ex premier Giuseppe Conte, l`ex ministro Roberto Speranza e il governatore della Lombardia Attillo Fontana.
«Proviamo a restituire la verità dei fatti agli italiani, ma mi sento a disagio a commentare una vicenda nella quale i diretti interessati sono vittime di una fuga di notizie».
Crisanti, lei spesso viene identificato come il grande accusatore nella gestione della pandemia.
«Non mi interessa parlare di chi è coinvolto e perché. Trovo più interessante descrivere cosa ha rappresentato per me questa esperienza: mi ha impegnato i8 mesi».
Lei sostiene che mai era stato svolto un lavoro scientifico di questo tipo.
«Abbiamo trattato quei fatti avvenuti in Lombardia come un disastro naturale. Per ricostruire quanto successo all`ospedale di Alzano Lombardo abbiamo usato le tecnologie utilizzate per i disastri aerei, modelli matematici avanzatissimi. Il meglio che la scienza offra al momento».
La risposta?
«Se lei cerca su Google qualcosa non le arriva una risposta unica ma una mappa per ricostruire e capire. Quel documento non vuole essere la risposta ma uno strumento utile alla Procura per la ricostruzione dei fatti. Fare accuse non è il mio ruolo».
La zona rossa in provincia di Bergamo era obbligatoria alla luce dei dati?
«Implementare delle misure di chiusura e prevenzione nelle pandemie ha un effetto immediato. Prima si fa e prima si può avere un beneficio, ma è un`ovvietà. La perizia vuole offrire riflessioni su altro. Chi ha preso le decisioni aveva tutti gli strumenti?»
All`epoca non si era già posto delle domande per la mancata chiusura?
«Ero così impegnato in Veneto che non riuscivo a rendermi conto di cosa stesse accadendo in Lombardia».
Lei chiede una Commissione d`inchiesta parlamentare sul Covid.
«Deve avere una forte componente tecnico-scientifica e in grado analizzare a livello di governo, Conferenza delle Regioni e in ambito più locale. L`obiettivo dovrebbe essere riparare le falle, se invece ci concentriamo solo sulle spese della struttura commissariale significa che non si vuole arrivare a nessuna novità».
In Veneto vennero prese altre decisioni e le cose andarono diversamente.
«Durante la prima ondata il Veneto è stato un esempio di mobilitazione, linee di indirizzo e creatività. Di fatto è stata tra le prime regioni a confrontarsi con la pandemia ma anche ad avere meno morti in proporzione con la popolazione. Qualcosa di positivo era stato fatto».
Viene raccontato come il «giustiziere della pandemia» per la vicenda che la vede coinvolto sempre come accusatore anche nell`inchiesta sui tamponi rapidi in Veneto.
«Nella mia maniera più assoluta, la salute della comunità e il bene dei cittadini è sempre stata la mia prima preoccupazione. Di tutto il resto mi disinteresso».
Essere senatore la responsabilizza di più?
«Voglio portare in Parlamento delle competenze tecnico-scientifiche al servizio della comunità. Non si tratta di idee politiche o passioni, si tratta di stabilire se una persona è integra o meno. Io fazioso? Non farei mai compromessi sulla mia integrità morale».


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