“La sentenza non la commento, i giudici sono assolutamente
sovrani di prendere qualsiasi decisione”:
esordisce così con l’ANSA il deputato del Pd Andrea
Crisanti, parlando di quanto disposto ieri dal Tribunale dei
ministri a Brescia che ha archiviato le posizioni dell’ex
premier Giuseppe Conte e dell’ex ministro della salute Roberto
Speranza nell’inchiesta per epidemia colposa e omicidio colposo
plurimo sulla gestione della prima ondata di Covid in Val
Seriana. Il parlamentare, chiamato in causa per la maxi
consulenza fornita alla Procura di Bergamo in qualità
microbiologo e docente universitario, puntualizza alcuni
elementi, a partire dalla mancanza della prova, secondo i
giudici, che le 57 persone indicate come vittime nel capo
d’imputazione sarebbero decedute per la mancata estensione della
zona rossa.
“Non mi è stato posto dalla Procura il quesito sulla
relazione tra i 57 morti e la mancata zona rossa – afferma
Crisanti – mi è stato chiesto se una più tempestiva chiusura
della zona rossa avrebbe potuto in qualche modo diminuire il
numero dei decessi in Val Seriana”. Per il microbiologo, dunque,
“il quesito a cui gli è stato chiesto di rispondere dalla
Procura di Bergamo non risponde alle domande che si sono posti i
giudici”.
“Il problema è questo – aggiunge – è chiaro che esiste una
giurisprudenza granitica in Italia per cui l’epidemia colposa
per fatti omissivi non è una fattispecie di reato e quindi,
evidentemente, la Procura di Bergamo ha pensato di ‘aggirare’
questa problematica proponendo il reato di omicidio colposo
plurimo”.
Alla domanda se l’estensione delle zone rosse avrebbero
limitato le morti, il microbiologo risponde senza esitazione:
“sicuramente sì, abbiamo il caso di Vo’ Euganeo, in cui abbiamo
fatto la zona rossa e abbiamo monitorato tutte le persone che si
sono infettate. Posso assicurare che in piena pandemia per
quattro mesi non si è infettato nessuno. Quindi secondo me forse
i giudici avrebbero potuto fare affidamento su qualche dato –
conclude Crisanti – invece che sul sentito dire”