«È malvagio…Zaia è malvagio…non c`è altra spiegazione…».

Professor Crisanti, addirittura scomodiamo la malvagità? Sono mesi che lei e il governatore del Veneto vi attaccate pubblicamente.

«Le persone possono essere in disaccordo su aspetti tecnici e avere opinioni politiche diverse, ma pensare che un presidente della Regione utilizzi tutta la sua forza e le sue leve per danneggiare in maniera illecita chi sta cercando di metterlo sulla giusta strada… A me pare di una gravità inaudita. Cosa siamo diventati, la Repubblica delle banane? Se fossimo in Inghilterra Zaia sarebbe costretto a dimettersi».

Intanto si è dimesso lei, dalla cattedra di Microbiologia dell`Università di Padova. Perché questa decisione, e perché ora?

«Nelle carte dell`inchiesta padovana sui tamponi rapidi comprati dal Veneto, nata da un mio esposto, sono venute fuori delle circostanze inaspettate che secondo il mio avvocato configurano reati. Voglio avere quindi le mani libere per tutelarmi legalmente senza mettere in imbarazzo l`Ateneo, che collabora con la Regione. Da quando sono stato eletto al Senato sono in aspettativa, però era opportuno lo stesso dimettermi».

Quali circostanze?

«Il direttore della Scuola di medicina ha ottenuto un documento di critica nei miei confronti, scritto da alcuni direttori di dipartimento».

Cosa si diceva in quel documento?

«Non è importante il contenuto, è importante che per molti colleghi valga di più avere buoni rapporti con il potere che difendere la libertà».

Breve riassunto della “faida dei tamponi”: la procura di Padova ha chiesto il processo per Roberto Rigoli, il coordinatore di tutte le unità di Microbiologia del Veneto, che nell`autunno 2020 ha dato l`ok all`acquisto di migliaia di tamponi rapidi sulla base di un test di efficacia che, stando ai pm, non aveva mai fatto. Lei aveva denunciato che quei tamponi funzionano solo in 7 casi su10. Era partita così l`indagine. Nelle intercettazioni depositate agli atti e rivelate da Report, Zaia, non indagato, dice di avere Andrea Crisanti “nel mirino” e di volerlo “mandare a schiantare”. Il gip deciderà se rinviare a giudizio Rigoli e la direttrice di Azienda Zero, la centrale regionale degli acquisti.

«Inseguirò Zaia fino alla fine del mondo per inchiodarlo su qualsiasi responsabilità che possa avere nei miei confronti. Questo regime di intimidazione nel Veneto deve finire. Ho fatto l`accesso agli atti dell`inchiesta e si capisce che Zaia è l`orchestratore della campagna di diffamazione e discredito. Io stavo solo cercando di salvaguardare la Regione, informando che era una follia utilizzare i tamponi rapidi per lo screening durante la seconda ondata di Covid».

Perché parla di campagna di diffamazione?

«Il mio studio sui tamponi è dell`ottobre 2020. L`ho fatto non per iniziativa personale, ma su indicazione dell`Unità di crisi dell`ospedale di Padova. La Regione già da qualche mese aveva emanato delibere con le quali annunciava di voler utilizzare in modo diffuso i test antigenici. Anche dalla semplice lettura del bugiardino si capiva che erano sconsigliati per lo screening dei pazienti in entrata negli ospedali e nelle rsa per anziani. All`unità di crisi, quindi, ho proposto uno studio su tutti i pazienti del pronto soccorso, per testare l`efficacia dei tamponi rapidi: è venuto fuori che hanno una sensibilità del 70 per
cento, insufficiente per avere adeguato valore predittivo negativo, cioè la probabilità di identificare come negativo un negativo vero. Ho cercato di spiegarlo e di avvertire i vertici della Regione».

Come? Con chi ne ha parlato?

«Ho scritto una pec al direttore generale della Sanità veneta Luciano Flor e alla dottoressa Francesca Russo della Prevenzione. Nessuna risposta. I risultati del mio studio sono finiti sul Mattino di Padova e a quel punto Flor ha chiesto a Cattelan e Cianci, che avevano collaborato con me allo studio, di scrivere una lettera con cui si dissociavano dalle conclusioni. Ma so per certo che Cianci è stato forzato a scriverla».

Come fa a dirlo?

«Ho la registrazione in cui lo ammette. Dal momento in cui la lettera è stata resa pubblica, sono cominciate le azioni di screditamento. Allora io ho pubblicato il mio studio, e l`Azienda Zero mi ha querelato per diffamazione! Era dai tempi di Galileo che non si vedeva uno scienziato denunciato da un`entità pubblica per una ricerca».

Per quella querela si è mosso anche il Senato Accademico dell`università.

«Che ha preso le mie difese. Quando Azienda Zero, tramite il direttore Roberto Toniolo, ha specificato che non si trattava di una querela ma di un esposto, Zaia è andato su tutte le furie perché la diffamazione è procedibile solo su querela di parte. E in quell`occasione che al telefono ha detto che voleva mandarmi a schiantare e che mi aveva nel mirino da mesi».

Eppure all`inizio della pandemia eravate in sintonia.

«L`ultima volta che ho sentito Zaia era il maggio del 2020. Mi aveva mandato dei messaggini perché era contento del fatto che il Veneto fosse stato il primo ad azzerare il numero dei decessi da Covid».

Il modello Veneto, appunto. E cos`è successo?

«Il rapporto si è incrinato quando ha attribuito il merito della gestione poi alla dottoressa Russo, dimenticandosi di ciò che avevo fatto io. Evidentemente gli facevo ombra, preferiva circondarsi di gente che politicamente la pensa come lui».


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