La senatrice del Pd Rosa Maria Di Giorgi è la promotrice della legge sul cinema. A gennaio il suo progetto è stato assorbito da quello del governo e si è fuso con il decreto Franceschini. Non sono stati mesi semplici: Dalle grandi imprese del settore ho subìto pressioni, come dire… molto significative”.
Le risorse dedicate al cinema indipendente e di qualità sono sempre incomparabilmente inferiori rispetto a quelle che finiscono ai soliti “grandi”.
Non è così, non è questa l`ispirazione della legge. Sulla parte di contributi selettivi che spettano al cinema di qualità, ai giovani registi e ai film d`essai stiamo ancora lavorando a una mediazione. C`è un emendamento, appoggiato dal governo, che dovrebbe alzare la soglia: dal 15% a una percentuale compresa tra il 21 e il 23 (il 3% andrà alle scuole, ndr). E ci sarà un fondo di garanzia di 5 milioni a disposizioni dei giovani produttori e delle start up. Sono fiduciosa.
Però c`era un emendamento che portava quei contributi selettivi al 25%. È scomparso, ostacolato dalla
stessa Anica (l`Associazione delle industrie cinematografiche).

Non posso negare che ci sia stato un lavoro, come dire, molto intenso da parte di Anica per evitare di aumentare quelle risorse. I soggetti più forti del cinema italiano non avrebbero voluto una riforma del settore, ma avrebbero preferito altre agevolazioni sui crediti d`imposta, come successo in questi anni. Non erano interessati ad un nuovo assetto che desse peso al cinema di qualità.
Hanno vinto loro.
Non sono d`accordo. Abbiamo trovato un equilibrio soddisfacente. Certo, la legge di iniziativa parlamentare che portava la mia firma aveva una previsione più alta: il 50 per cento del fondo nazionale era destinato a cinema di qualità, opere prime e micro imprese. Il mio testo è stato accorpato a quello del governo, che ha dovuto portare avanti una mediazione difficile, di cui sono soddisfatta. Franceschini ha fatto un gran lavoro.
Le grandi case non apprezzavano il suo testo?
Sono stata attaccata personalmente. Sul giornale della Biennale di Venezia del 2015, quando ancora c`era
in campo solo la mia proposta, hanno pubblicato un titolo a otto colonne: “Questo ddl non ci piace”. La grande produzione ce l`aveva con me. Lì ho capito che avevo preso la direzione giusta.
Alla fine però – tra l`aumento dei fondi pubblichi contributi automatici e gli sgravi fiscali – si favoriscono sempre gli stessi soggetti.
Anche il meccanismo dei contributi automatici (che lega l`erogazione di denaro pubblico al successo del film ndr) ha un suo criterio. Non sempre i film che vanno bene al botteghino sono produzioni commerciali o di bassa qualità.
Ma se sono autosufficienti, perché lo Stato le sostiene?
La grande produzione genera lavoro e crescita. Ma sono d`accordo con lei: lo Stato deve sostenere il valore
culturale. Altrimenti, se il cinema diventa un`industria come un`altra, l`intervento pubblico smette di avere senso e si trasforma in un aiuto di Stato qualsiasi. Fuori dalle regole europee. Ma insisto: abbiamo dovuto mediare, ma siamo riusciti ad ottenere risultati importanti, ricavando risorse anche per aprire nuove sale e per la conservazione di quelle storiche, pure nei piccoli Comuni.


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