“Serve una norma che dica che laddove c’è una indagine penale, ne va tenuto conto a livello civile e amministrativo, altrimenti è schizofrenia pura. Rispetto tutte
le sentenze ma non posso non notare che l’assurdità della situazione rischia di danneggiare il messaggio che magistratura e forze dell’ordine danno ogni giorno ai cittadini, ovvero ‘denunciate'”.
A sostenerlo è il senatore torinese del Pd Stefano Esposito, componente della Commissione parlamentare Antimafia, a proposito del caso dell’imprenditore piemontese Mauro Esposito il quale, dopo essere inconsapevolmente caduto nelle maglie di una associazione criminale nel 2009 ed aver denunciato una serie di
persone – recentemente arrestate nell’ambito dell’operazione San Michele – in sede civile ha perso due cause e, dopo essere stato costretto a chiudere una società in Oman e a licenziare 50 dipendenti, ora rischia di perdere definitivamente la propria azienda, la Me Studio Srl.
“Chiederò al capogruppo del Pd in Commissione Antimafia – aggiunge il senatore Esposito – di calendarizzare un’audizione di questo imprenditore perché ci racconti la sua vicenda: può esserci utile per capire come il legislatore può intervenire per evitare che si ripetano casi come questo. Mi auguro, conoscendo
la serietà dei magistrati torinesi, che a Mauro Esposito venga applicato l’articolo 20 che prevede la sospensione dell’esecuzione delle sentenze per i testimoni di giustizia. C’è un altro tema che ci riguarda: ci sono aziende che sono parte civile in processi contro la criminalità e a cui poi vengono
applicate le interdittive antimafia. C’è bisogno di una armonizzazione, bisogna decidere se prevale o meno la giustizia penale: non è possibile avere persone che denunciano, che vengono utilizzate usate dalla magistratura penale come testimoni di giustizia e che poi la giustizia civile giudica soccombenti nei confronti della criminalità: è un messaggio devastante”.