«La cultura è un terreno che dovrebbe essere tenuto fuori dagli scontri politici perché è un patrimonio comune del Paese, è la nostra carta d`identità nel mondo. All`estero la prima cosa che viene in mente pensando all`Italia è arte, bellezza. Per questo mi preoccupa quel che ho visto nell`ultimo anno, durante il quale ho sempre taciuto: ritenere che chi governa debba nominare solo fedelissimi è sbagliato e rischia di rivelarsi un boomerang». L`ex ministro Dario Franceschini, ultimo inquilino del Collegio romano prima di Gennaro Sangiuliano, si era dato la consegna del silenzio perché non è mai elegante parlare di chi viene dopo. Ma stavolta, di fronte all`assalto della destra a istituzioni culturali e musei, ha deciso di fare un`eccezione.
Senatore, come legge l`avviso di sfratto al direttore dell`Egizio?
«Intanto dimostra che non sanno di cosa parlano. La nomina del direttore non spetta al ministro, che quindi non lo può neppure cacciare, ma al Cda della Fondazione, che ha al suo interno pubblico e privato. Christian Greco veniva da un`esperienza straniera, ha trasformato il Museo, facendolo diventare uno dei migliori al mondo. Aggiungo: durante il governo Draghi abbiamo fatto il primo G20 della Cultura al Colosseo, diventato adesso un appuntamento permanente, e a parlare a nome dell`Italia è stato chiamato proprio Greco, a riconoscimento del suo valore. In quel governo c`era pure la Lega, forse se ne sono dimenticati».
Siamo in presenza di una escalation della destra mirata ad occupare la cultura tricolore?
«Il primo segnale è stato il Centro sperimentale di cinematografia: c`era una presidente bravissima, stavano facendo un lavoro straordinario, ebbene è stata varata una norma per azzerare tutti i vertici. Più di recente, nel decreto legge del 2 agosto, ne è stata fatta un`altra – che peraltro il Parlamento aveva bloccato qualche
mese fa – per riscrivere interamente la struttura del ministero. La conseguenza è che decadono tutti gli incarichi. E per la prima volta, una cosa che non si era mai vista, non solo andranno rinnovati quelli che sono oggetto del cambiamento, ma pure i soprintendenti. Dovranno essere rinominati duecento dirigenti».
Quindi non è solo spoil system?
«Non c`entra niente, lo spoil system è un meccanismo codificato, ha dei limiti, regole precise. Qui si procede a colpi di interventi legislativi, una forzatura, per circondarsi non delle persone migliori ma di quelle più affini politicamente».
C`è un disegno, secondo lei?
«Non so se è un disegno o un istinto primordiale. La destra si è sentita emarginata per tanti anni – e non solo nella cultura – e ora immagina di potersi riscattare in questo modo. È grave. Io non mi sono mai sognato di applicare questo criterio».
La maggioranza sostiene che voi a sinistra avete fatto di peggio.
«Parlano i fatti. Noi al ministero abbiano nominato direttori dei musei, sia italiani che stranieri, senza mai guardare all`orientamento politico. Di gran parte delle persone che ho designato non so tuttora cosa votino, ho badato solo al curriculum, all`esperienza maturata. E quando lo sapevo, ed era diverso dal mio, non ho posto veti. Per esempio, ho confermato a dirigere il Vittoriale Giordano Bruno Guerci, che è uno dei massimi intellettuali di destra (e l`ho anche riconfermato). Agli Uffizi, per ben due volte, ho nominato Eike Schmidt, che ora la destra vuol candidare sindaco di Firenze. Le prove di quel che dico le stanno fornendo loro». L`obiettivo dichiarato è spezzare la presunta egemonia culturale della sinistra.
Ci riusciranno?
«Premiare la fedeltà a scapito della qualità non funziona mai. Gli uomini e le donne della cultura, gli artisti, sono per natura liberi, reagiscono se cerchi di imbrigliarli. L`Italia negli anni ha conquistato la leadership internazionale in questo settore, abbiamo fatto il primo G7, il primo G20, cinema e musica italiani sono eccellenze nel mondo. Conservarla dovrebbe essere un impegno di tutti i governi che si alternano alla guida del Paese. E questo si può fare solo scegliendo i più bravi, i migliori. Se no, lanciano un boomerang».
Perché un boomerang?
«Quando provi a controllare la cultura, quel mondo -che ha una forza mediatica e di consenso enorme – si ribella. Guardi cosa è accaduto con il Centro sperimentale di cinematografia. Nel Cda ormai sciolto, negli anni ho nominato Carlo Verdone, Andrea Purgatori, Roberto Andò, Guendalina Ponti, Giancarlo Giannini, Cristiana Capotondi, Aldo Grasso; il presidente prima di Marta Donzelli era Stefano Rulli: registi, attori, produttori di indiscusso valore, non fedelissimi. Spero che la maggioranza sappia fare altrettanto. Ancora. A breve andrà a rinnovo il vertice dell`istituzione culturale più internazionale che c`è in Italia, la Biennale di Venezia. Gli ultimi due presidenti sono stati personalità di alto profilo come Paolo Baratta e Roberto Cicutto, apprezzati in tutto il mondo. Sceglieranno guardando la qualità o la fedeltà?».
Per finire, a un anno dalla vittoria del centrodestra alle Politiche, che voto darebbe al governo?
«Niente voti, rispondo con la saggezza popolare: tra il dire e il fare c`è di mezzo il mare. Fra una campagna elettorale zeppa di promesse e il confronto con i problemi quotidiani c`è una distanza siderale. Per anni hanno detto che gli immigrati venivano in Italia perché c`era un governo lassista. Come se chi scappa da guerre e fame potesse saperlo. Ora governa la destra e i numeri sono raddoppiati. Si sono scontrati con la realtà».
E sul piano internazionale, l`Italia ha perso credibilità?
«Siamo passati da Draghi a Meloni…».


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